I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 11
La Messa nel giorno del Signore
“D’estate a Messa vanno solo alcune donne anziane. Gli altri lavorano di domenica tutta l’estate. D’inverno, quando non sanno che fare, vanno a Messa ma solo per burlarsi della religione”
La Vergine, nel suo Messaggio a La Salette, ritorna due volte sul “giorno del Signore”. Prima parla del riposo nell’unico giorno che si è riservato, ora della partecipazione alla Messa. Come a dire che non basta astenersi dal lavorare ma bisogna celebrare se si vuole santificare la festa. Ancora una volta unisce l’Antico con il Nuovo Testamento. “Il precetto della Chiesa definisce e precisa la legge del Signore: la domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa. Soddisfa il precetto chi vi assiste dovunque venga celebrato nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa o nel vespro del giorno precedente… Coloro che deliberatamente non ottemperano questo obbligo commettono un peccato grave.. I fedeli partecipando alla Messa attestano la loro comunione nella fede e nella carità. Essi testimoniano al tempo stesso la santità di Dio e la loro speranza nella salvezza” (cfr CCC 2180, 2181, 2182).
La Vergine nel 1846 dice che a Messa vanno solo alcune donne anziane.
Purtroppo oggi la partecipazione è quanto mai bassa. Da una recente statistica del CENSIS risulta che il 57,8% degli italiani si dichiara cattolico praticante, ma che solo il 21,4% va a Messa settimanalmente e che il 30,8% di questi ha oltre 64 anni. Ma c’è di peggio: se i cristiani praticanti sono in vacanza a Messa va solo il 15,5%. Questo vuol dire che ci sono cristiani che considerano il partecipare alla Liturgia domenicale una cosa di secondaria importanza della quale si può fare tranquillamente a meno, anteponendole impegni occasionali.
Come è possibile dichiararsi cristiano praticante se non si va a Messa almeno una volta a settimana! Che razza di cristiani siamo se non celebriamo l’Eucarestia il giorno della Resurrezione di Cristo!
E’ l’Eucarestia che fa la domenica
Fermiamoci e riflettiamo togliendoci di dosso il torpore dell’abitudine e chiediamoci quali sono i veri motivi che dovrebbero spingerci ad andare a Messa la domenica:
- perché ci sentiamo chiamati, invitati, attesi da Cristo;
- per nutrirci del Corpo di Cristo e lasciarci plasmare dallo Spirito Santo;
- per ringraziare, lodare e chiedere perdono;
- per sentirci parte viva della Chiesa Parrocchiale e Universale;
- per sensibilizzarci ai problemi e alle necessità degli altri;
- per imparare a testimoniare la pace e la gioia della nostra fede.
Chiediamoci anche a quante Messe abbiamo partecipato distrattamente, annoiati o in modo superficiale. Messe che, pertanto, non hanno dato il frutto che avrebbero dovuto, che non ci hanno aiutato a progredire nella vita cristiana: sono fonti che abbiamo lasciato inaridire.
La Vergine piange perché siamo così sciocchi da sprecare questa grazia, questo dono di Dio.
Burlarsi della religione
La Madonna dice ai due pastorelli che ci sono persone che si burlano della Religione. Forse mai nella storia dell’umanità c’è stato un periodo in cui si manca di rispetto al sacro, nei suoi valori fondamentali e nelle sue varie espressioni, come oggi. Si deride e si offende la religione, i suoi ministri, i suoi rappresentanti, i suoi sacramenti in nome della individuale libertà di pensiero e di espressione.
Esiste una vera e propria campagna denigratoria nei confronti della Chiesa e del suo agire senza minimamente tenere conto di quell’immenso serbatoio di umanità e carità che la caratterizza. La Chiesa è composta da uomini e donne che, come tutti, possono commettere errori, fare scelte sbagliate e pertanto diventare occasione di critiche, di dileggi e di facile ironia; dovremmo, invece, solo pregare per il loro ravvedimento e raccomandarli alla misericordia di Dio. Ci consola ricordare che se c’è stato un apostolo che ha tradito ve ne sono stati altri undici fedeli.
Preghiamo la Vergine de La Salette che ci aiuti ad essere sempre testimoni del rispetto che portiamo per la nostra religione e dell’amore per la nostra Chiesa che si raduna attorno a Cristo ed è unificata in Lui, nel suo Corpo. “E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra, se un membro è onorato ne gioiscono con esso tutte le altre membra” (CCC 791).
Invito alla preghiera
“Fate bene la vostra preghiera, figli miei?”
E’ una domanda semplice che Maria, a La Salette, come solo una mamma premurosa può fare, rivolge a Massimino e Melania. E loro senza imbarazzo rispondono la verità: “Non sempre, Signora”. E’ la domanda che Maria fa oggi ad ognuno di noi: “e tu preghi?” E’ il richiamo di Maria alla preghiera personale, Lei che è stata sempre abituata a custodire e meditare tutti gli avvenimenti di cui è stata partecipe sa, meglio di chiunque, quanto è importante la preghiera. Pregare è rispondere all’amore di Dio, è andare alla ricerca di Dio, è riconoscere che siamo suoi figli, sue creature, è prendere coscienza che Dio ci ascolta.
Quando l’uomo si desta dal suo delirio di onnipotenza e prende coscienza dei suoi limiti e della sua vulnerabilità, sente la necessità di pregare e questo avviene in tutti i popoli e per tutte le religioni. Preghiamo quando le cose vanno bene per ringraziare e per chiedere soccorso quando vanno male.
Gli Apostoli stessi che vedevano il rapporto diretto esistente tra la straordinaria vita di Gesù e la sua profonda e costante preghiera gli hanno chiesto: “insegnaci a pregare” e Gesù lo ha fatto recitando quel capolavoro che è il Padre Nostro.
Maria ripete l’affettuoso “figli miei” ed aggiunge “bisogna proprio farla sera e mattino”. Quel bisogna colpisce.
Vivere senza pregare vuol dire non saper adoperare questo “dono” che può salvare il mondo. Bisogna desiderare di pregare e farlo, perché solo pregando si impara a pregare, ma… noi non abbiamo tempo! In realtà non manca il tempo ma la “condizione” per trovarlo.
A Dio che è il padrone del tempo dedichiamo solo qualche breve momento della nostra giornata.
E’ triste pensare che il frenetico ritmo in cui viviamo ci porti a diventare schiavi del tempo, a non riuscire a gestire e santificarne nemmeno una piccola parte da dedicare a Dio considerandolo una perdita di tempo.
Quando potete ditene di più
Spesso ci manca la capacità di rimanere soli per riflettere, per trovare Dio dentro noi stessi ed inserirLo nel quotidiano. Si è soliti dire che la preghiera santifica il tempo. La Vergine a La Salette ci dice perfino quando dobbiamo farla: “sera e mattino”. Lei stessa ci scandisce il tempo come fatica e riposo, come svegliarsi e dormire e, come vivere e morire perché senza preghiera si muore dentro.
La Madonna a La Salette non chiede grandi preghiere ma si accontenta solo di un “Pater ed un’Ave”, dell’essenziale. Chiede di pregare rivolgendosi a Lei, dimostrando così il suo amore e la sua potenza. Non per niente la chiamiamo: Virgo potentissima e Auxilium christianorum. La Vergine si accontenta di poco ma ci dice anche che: “quando potete fare meglio ditene di più”. Ma come pregare? Ci risponde il Vangelo: “Quando preghi entra nella tua camera e chiudi la porta, prega il Padre nel tuo segreto” (Mt 5, 6): Pregare sempre nel segreto del proprio cuore per rimanere uniti a Dio e trasformare tutta la vita in preghiera.
San Paolo dice che i fedeli a volte non sanno cosa sia utile chiedere perché si attui la volontà del Padre, ma lo Spirito suggerisce ciò che è più conveniente (cfr RM 8, 26-27). Le nostre preghiere devono essere fatte con l’umiltà di chi sente la necessità di ringraziare, di essere riconoscente. Purtroppo siamo usi pregare per chiedere ma poco per lodare e ringraziare Dio per tutto ciò che ci ha donato.
San Francesco pregava chiedendo”fede retta, speranza certa, carità perfetta, umiltà profonda, sapienza e discernimento”.
“Se si convertono le pietre e le rocce diventeranno mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi”
La Vergine a La Salette, con questo “SE”, ci mette di fronte a tutta la nostra responsabilità e continua la costante esortazione che percorre tutto l’Antico ed il Nuovo Testamento che si sintetizza nel “convertitevi”. Maria piange sulle nostre sciagure e ci indica l’unico modo per ristabilire il rapporto con il Padre e non restare soffocati dalle nostre miserie. Nel giardino in Eden tutto era pace e fecondità: la conseguenza del peccato è morte dolore e fatica (cfr Ge 3, 16-19).
Ma che cosa vuol dire convertirsi?
Vuol dire ritornare sui propri passi e riscoprire l’essenziale della vita, è trovare il coraggio di inginocchiarsi davanti ad un Sacerdote e dire: “ho sbagliato” con la certezza che Dio ci dà la forza di ricominciare.
Per fare ciò occorre rimuovere quello che di negativo, di egoistico, di malvagio è nascosto nel segreto del nostro essere. Mettersi in discussione comporta fatica, umiltà, riflessione, preghiera e perdono incondizionato delle offese… Nel Padre Nostro diciamo “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo…”.
Convertirsi è cambiare, diventare un uomo nuovo, è rivestire di carne le ossa inaridite e ricevere uno spirito nuovo che rende possibile la vita: è ri-vivere (cfr Ez 37, 1-13).
A noi forse non viene chiesto di vivere una conversione eclatante come quella di San Paolo, S. Agostino, S. Francesco ecc. ma ci viene chiesto di convertirci tutti i giorni, in un impegno costante attraverso gli avvenimenti del quotidiano. Ripartire dopo ogni confessione perché “convertitevi il Regno di Dio è vicino” (Mt 4, 17) è valido anche adesso, la conversione è continua perché Dio non lo si ama e conosce mai abbastanza.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto 1847, ricorda che Dio ci ha creato senza di noi ma non ha voluto salvarci senza di noi (cfr Lc 15). L’accoglienza della sua misericordia esige da parte nostra il riconoscimento delle nostre colpe. “Se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa” (Gv 1, 8-9).
Siamo tutti peccatori ma purtroppo sempre pronti a sottolineare gli errori degli altri e a giustificare i nostri se non addirittura a negarli. La misericordia di Dio è infinita e perdona tutto e tutti, anche chi crede di avere una colpa tanto grande da non poter essere perdonata. Dio chiama tutti e sempre, pensiamo agli operai dell’ultima ora, al buon ladrone… non c’è un tempo ideale per convertirsi. Maria a La Salette non chiede una conversione di massa ma vuole la mia ed ora. Si dice che il paradiso è pieno di peccatori pentiti! Prega per noi Vergine Riconciliatrice affinché, veramente riconciliati, diventiamo degni delle promesse di Cristo.
La gioia della conversione
Maria chiedendo di convertirci manifesta anche le conseguenze di questa scelta: “le pietre e le rocce…”. L’Antico Testamento è costellato di numerosi esempi di “vantaggi” che scaturiscono dall’avere dato fiducia alle parole di Dio: “beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio… Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati” (Sal 146, 5-7).
Convertirsi vuol dire anche abbandonarsi alla fiducia in chi ci ha assicurato di esserci sempre accanto e di non lasciarci mai soli. “Beato l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. E’ come un albero piantato lungo il fiume, nell’anno della siccità non si darà pena, non smetterà di produrre frutti” (Ger 17, 7-8).
Quante volte nella vita ci diamo pena perché contiamo solo nelle nostre forze senza confidare nell’aiuto di Dio! Pensiamo alle Donne che, di buon mattino, si recavano al sepolcro e “dicevano tra loro: chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro? Alzando lo sguardo videro che la pietra era già stata rotolata, benché fosse molto grande” (Mc 16, 3-4). Tanta preoccupazione e poi il Signore aveva già provveduto! Questo non vuol dire che dobbiamo vivere nel fatalismo o nella pigrizia.
Vige sempre il proverbio: aiutati che Dio ti aiuta; ma ricordiamoci anche che “se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i muratori, se il Signore non vigila sulla città invano veglia la sentinella” (Sal 127, 1).
Si è soliti dire che il cristiano deve agire come se tutto dipendesse da lui, ma tenendo sempre presente che tutto dipende da Dio e da Dio tutto proviene.
Quando Maria dice a Massimino e Melania che le rocce si trasformeranno in grano pare di sentire Gesù che afferma: “Non preoccupatevi della vostra vita, di quello che mangerete o berrete. Il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno, cercate invece anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte le cose ci saranno date in aggiunta” (Mt 6, 25-33). Quante volte le preoccupazioni del quotidiano ci fanno dimenticare che il nostro fondamentale compito di cristiani è quello di prodigarci perché “venga il suo regno”!
Se avessimo più fede nelle parole di Cristo il mondo andrebbe senz’altro meglio e noi vivremmo più sereni e felici. Benedetto XVI nella Giornata Mondiale della Gioventù del 2012 parlando della gioia della conversione dice “la volontà di Dio è che noi siamo felici. Per questo ci ha dato delle indicazioni concrete per il nostro cammino: i comandamenti.. un insieme di essenziali e preziose regole di vita che conducono a un’esistenza felice realizzata secondo il progetto di Dio”.
Il Signore sa quali sono le nostre necessità ma è importante che noi gliele chiediamo altrimenti non ci avrebbe insegnato a pregare dicendo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
La Provvidenza di Dio ci aiuta nel quotidiano per il necessario ma noi siamo ingordi e cerchiamo di ammucchiare per timore di non averne abbastanza, per paura di rimanere senza. Pensiamo a Mosè che riferendosi alla manna piovuta dal cielo dice: “Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino” (Es 16, 19). Dobbiamo fidarci, quindi, totalmente di Dio perché preoccuparci eccessivamente per il domani vuol dire non avere fede e non riuscire a cantare con il salmista: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”.
La Vergine a La Salette, nell’esortarci alla conversione, a diventare persone nuove, dice che tutto cambierà in conseguenza di questa nostra scelta. Infatti dove ora c’è aridità e sterilità le rocce diventeranno mucchi di grano e tutto sarà fecondo. E’ il passaggio dalla povertà alla ricchezza, dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia.
Anche la vita del “convertito” è segnata da prove, cadute, dolori e difficoltà d’ogni genere, ma il sapere che Cristo crocifisso è con lui sempre, è un aiuto incommensurabile. La sua vita è come la casa costruita sulla roccia (Mt 7, 24).
Soprattutto noi laici salettini, impegnati a testimoniare il Messaggio di Maria dovremmo ricordarci che la Vergine porta sul petto il Figlio crocifisso e che solo fissando in Lui lo sguardo possiamo trovare conforto e forza. Teresa d’Avila diceva: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, chi ha Dio nulla gli manca, tutto passa, solo Dio resta, solo Dio basta”.
I segni dei tempi
“Se il raccolto si guasta, la colpa è vostra. Ve l’ho fatto vedere l’anno passato con le patate; voi non ci fate caso. Anzi, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest’anno, a Natale, non ve ne saranno più. Voi non capite, figli miei? Ve lo dirò diversamente.
(La bella Signora riprende, nel dialetto di Corps, dalla frase “Se il raccolto si guasta…” e prosegue:)
Se avete del grano, non seminatelo. Quello seminato sarà mangiato dagli insetti e quello che maturerà cadrà in polvere, al momento della battitura.
Sopraggiungerà una grande carestia.
Prima di essa i bambini al di sotto dei sette anni saranno colpiti da convulsioni e moriranno tra le braccia di coloro che li terranno.
Gli altri faranno penitenza con la carestia. Le noci si guasteranno e l’uva marcirà”.
Questa lunga frase del Messaggio di Maria a La Salette è conosciuta come “i segni dei tempi”; Maria infatti annuncia una serie di avvenimenti che accadranno, il cui esito nefasto si ripercuoterà sull’umanità.
Maria a La Salette nel comunicare con Massimino e Melania ha uno stile tipicamente biblico e questo passo in particolare sembra la descrizione dei vari flagelli raccontati nella Bibbia. Pensiamo alla “cacciata dall’Eden”, alle “dieci piaghe” che si abbattono sull’Egitto, e al duro rimprovero di Gesù alle città impenitenti (Mt 11, 21-24).
La Santa Vergine piange su noi e sulla nostra terra che è seminata più di zizzania che di buon seme.
L’opera di Dio viene guastata dalla nostra capacità distruttiva in opposizione alla Redenzione. La zizzania della nostra smania di possedere, di prevaricare, di godere, di protagonismo (che si sintetizza in una sola parola: il peccato) ci ha portato ad abusare del dono della “terra” per devastarla con un uso scriteriato fino a provocare effetti catastrofici: alluvioni, tracimazioni, frane ecc…
Maria piange perché vede noi, suoi figli, soffrire per delle “ferite” che ci siamo fatti e ci stiamo facendo da soli. Questo accade quando l’uomo, in adesione al male, si convince di poter fare a meno di Dio e sopravvaluta le sue capacità fino a modificare la natura, fino a pretendere di dominarla totalmente: basti pensare agli OGM, alle deviazioni dei fiumi, agli esperimenti nucleari o a quelli sulla genetica compresa quella umana.
La “Madonna contadina”, come viene chiamata in America latina la Vergine de La Salette, parla a dei contadini e, per farsi capire meglio, fa riferimento alle loro esperienze. I veggenti hanno sperimentato che cosa vuol dire vedere marcire il grano, raccogliere patate guaste: vuol dire fame. Vuol dire avere lavorato e sudato inutilmente e allora nasce la rabbia e la bestemmia che è il male-dire tutta l’opera di Dio. Dal male-dire ecco il male-fare “in parole, opere ed omissioni”. Accusiamo Dio dei nostri errori ma in questo processo ci condanniamo da soli.
Se avete del grano non lo seminate
E’ la perdita completa della speranza. Se non si semina, nemmeno si raccoglie, ma questo accade quando il nostro cuore è lontano dal volerlo fare per amore di Dio. A volte stropicciamo nelle nostre mani le opere della nostra falsa buona volontà e il raccolto sarà allora solo polvere se non c’è una sincera conversione.
Non possiamo distruggere la terra e sprecare il grano per poi chiedere al Signore di “darci il pane”.
Viene spontaneo il collegamento con l’Eucarestia, con il “pane di vita eterna”. Gesù dice “io sono il pane vivo disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,51).
“Sopraggiungerà una grande carestia”
Sembra che la Vergine si riferisca alla cronaca di questi giorni. E’ vero: c’è una grande carestia generalizzata che non ruota solo attorno all’economia ma coinvolge la situazione del mondo intero.
C’è crisi nelle famiglie che si disgregano, nei rapporti umani, nel mondo del lavoro. Ci sono focolai di guerre, violenze, tirannie, giovani senza un futuro che spesso esprimono aggressività, c’è una umanità che ha perso il senso del sacro e del morale, dove si vive alla giornata senza valori e senza rispetto per il prossimo.
La carestia porta l’emigrazione, pensiamo a Giuseppe e ai suoi fratelli in Egitto. Perché adesso non ci sono migliaia di africani che sbarcano ogni giorno in Europa? Persone cariche di dolore, di solitudine, di rimpianti, di nostalgia, di povertà, di speranza in una vita migliore che però nessuno può loro assicurare.
La Madonna piange sui bambini che essendo i più deboli sono quelli che maggiormente subiscono le conseguenze della denutrizione e muoiono. La strage degli innocenti non è finita. “Rachele piange i suoi figli…” (Ger 31, 15).
Le noci si guasteranno e l’uva marcirà
Perché marcisce l’uva? Perché i tralci non sono abbastanza forti. Gesù dice: “Io sono la vite e voi i tralci”. Chiediamoci allora che razza di tralci siamo che lasciamo marcire l’uva che dovrebbe essere il frutto del nostro operato? Come ci impegniamo a far conoscere e crescere la vigna del Signore? “Colui che dimora in me porta molto frutto” (Gv 15, 1-7). Dimorare in Cristo vuol dire santificarsi. L’immagine della vigna ricorda la storia narrata da Isaia; “Il mio diletto possedeva una vigna..” (Is 5, 1-7). Egli la vanga, la cura, la difende… ma la vigna dà uva selvatica. Noi siamo la vigna di Dio. Dio ci ama, ci protegge, ci guida. Ci manda Maria per esortarci ma noi usiamo male la nostra libertà e continuiamo a dare uva “marcia”.
E voi non ci fate caso
La Madonna mette in evidenza la nostra indifferenza per tutti questi avvenimenti. Riusciamo solo a lamentarci ma non siamo capaci di leggere “i segni dei tempi” perché non vediamo in tutto quello che sta accadendo un pressante invito alla conversione.
Dio ci ha dato doni come l’intelligenza e la libertà ma noi non li sappiamo usare. La nostra follia è quella di non accettare la Redenzione e di scegliere di non volere Dio.
Maria non ci minaccia, non ci sgrida, anzi piange e con tutta la tenerezza di una madre “ci avvisa”. Ci mette davanti alle responsabilità ed alle conseguenze che la nostra sbiadita fede e debole carità provocano. La Vergine è precisa nel suo parlare, ci chiede di CONVERTIRCI.
La Vergine e la bestemmia
“Anche i carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di mio Figlio”. Il non rispetto del giorno del Signore e la bestemmia sono le due cose che appesantiscono il braccio di mio Figlio.
Nel libro della Genesi Dio incarica l’uomo di dare un nome a tutti gli esseri viventi (Gen 2, 19-21). Dio stesso si dà un nome che Lo identifica. Rivela il suo Nome a Mosè presentandosi prima come “il Dio di tuo padre Abramo”…(Es 3,6) poi come “Io Sono”. “Il popolo di Israele non pronuncia il nome di Dio per rispetto alla sua santità. Nella lettura della Sacra Scrittura il Nome rivelato è sostituito con il titolo divino “Signore” (“Adonai”, in greco “Kirios”). Con questo titolo si proclamerà la divinità di Gesù: “Gesù è il Signore” (CCC209). Il Salmo 8 recita “O Signore, o Signore nostro quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra…”.
I genitori quando sono in attesa di un figlio scelgono con cura ed attenzione il nome da dargli. Per Maria e Giuseppe non è stato così: “darai alla lice un figlio e lo chiamerai “Gesù”. Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di David suo Padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1, 31-33).
Gesù significa “Dio salva” e in quel nome è racchiusa, quasi riepilogata, la sua Missione redentrice.
Maria a LA SALETTE
La Vergine apparendo a La Salette si rifà, come è nel suo stile, alla Sacra Scrittura ed in particolare al secondo comandamento: “Non pronuncerai il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano” (Es 20,7).
Esplicitamente dice: “I carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di mio Figlio”. Essi rappresentano coloro che fanno un lavoro duro, pesante. Sono persone segnate dalla fatica e si trovano spesso in situazione di grave difficoltà. Tutto ciò può facilitare, anche se non giustificare, il ricorso ad espressioni colorite, spesso intercalate da bestemmie, quasi a formare un legame negativo fra uomo carro ed animale. Ancora oggi, infatti, si dice: “bestemmia come un carrettiere”.
La Vergine non dà e non vuole dare un giudizio negativo su una categoria di lavoratori che, al giorno d’oggi è praticamente estinta, ma comunque ne evidenzia il comportamento.
La bestemmia è una vile ribellione contro Dio, Gesù Cristo, la Vergine e tutto ciò che è sacro. E’ non accettare i limiti che la natura ci impone. E’ incolpare l’Altissimo dei nostri fallimenti, delle nostre disgrazie, è sentirsi impotenti di fronte a chi è l’Onnipotente.
I moderni carrettieri
Chi sono i carrettieri oggi? Coloro che incolpano Dio di essere l’origine delle loro avversità senza rendersi conto che sono causate da loro stessi o comunque da altri uomini.
C’è da domandarsi allora se offende più Dio chi “insulta” o chi attraverso ingiustizie o vessazioni ha messo il prossimo in condizione tale di disagio, da provocare reazioni verbali scomposte.
La bestemmia è veramente una stupidità, infatti non procura alcun vantaggio a chi la pratica e nessun danno alla Persona alla quale è indirizzata. Grava però come pesante colpa sull’anima.
La Vergine piange anche per la nostra indifferenza quando vediamo dileggiare il nome di suo Figlio e il suo, in spettacoli, ironici e blasfemi, con l’unico scopo di suscitare ilarità, oppure quando assistiamo al proliferare di un filone letterario che denigra e mette in dubbio i dogmi più sacri del nostro Credo.
Noi cristiani battezzati “nel nome del Padre”, dovremmo prodigarci per onorarLo. Gesù stesso ci ha insegnato a pregare: “sia santificato il Tuo nome”.
Vi sono molte persone che hanno come intercalare, legato nella maggior parte delle volte a forme dialettali, espressioni offensive nei confronti del Sacro. Persone che in preda all’ira offendono il Santo Nome, forse non rendendosi nemmeno conto di quello che dicono; persone arrabbiate più con loro stesse che con Dio.. in queste situazioni la gravità della bestemmia viene minimizzata, quasi deresponsabilizzando chi la dice.
Dio comprende perché è Padre misericordioso… ma la gravità di simili comportamenti non può essere dimenticata quasi derubricandola di ogni colpa o negatività.
D’altra parte non è razionalmente pensabile che una persona coscientemente maledica il proprio padre o la propria famiglia. La figura del padre, anche nel significato laico, è quella che ci dà il senso di appartenenza e che ci testimonia quali siano le radici sulle quali si sviluppa la nostra vita.
Quando sentiamo dire parole ingiuriose contro ciò che è sacro dovremmo avere il coraggio di dimostrare apertamente il nostro disappunto e comunque di recitare una preghiera riparatrice. E’ un modo per lenire il pianto di Maria ed alleggerire il braccio di suo Figlio al quale Dio “donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 9-11); “in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (At 4, 12).
Il lavoro e la festa
“Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere. E’ questo che appesantisce tanto il braccio di mio figlio”.
La riflessione su queste parole del Messaggio non può che prendere avvio dal terzo comandamento: “Ricordati di santificare le feste”, precisando che nella Bibbia non si parla di feste ma del “giorno del Signore” o del “Settimo giorno” (il sabato per gli ebrei, la domenica per noi cristiani), destinato da Dio al riposo dell’uomo (cfr Mc 2, 27-28). Nella tradizione della Chiesa l’importanza del Giorno del Signore trova una speciale sottolineatura in quanto richiama, anche nella sua cadenza temporale, la Pasqua o Resurrezione di Cristo.
Il riferimento biblico, spesso evidenziato nell’articolarsi del Messaggio, qui è evidente sia nel suo significato letterale che nella sua utilità applicativa. La richiesta, infatti, è chiara: non permette interpretazioni personalistiche, e può dirsi, se correttamente accettata, utile anche per il mantenimento dell’equilibrio psicofisico della persona che, infatti, non può utilizzare il tempo messogli a disposizione da Dio solo per l’impegno lavorativo o per vivere alla giornata, senza ritagliarsi uno spazio per la riflessione, per capire chi è, dove sta andando, per riposarsi serenamente in compagnia della sua famiglia, per vivere la carità. Il cristiano, poi, non sa immaginare una domenica senza Eucarestia.
La Madonna precisa che ci ha destinato sei giorni per le attività lavorative. Ma il “settimo” lo dobbiamo concedere a Dio per ringraziarLo di tutti i suoi doni e assolvere il precetto festivo che assume un forte significato comunitario, evidenziato dalla partecipazione alla Santa Messa. Specialmente in questo periodo, diventa doveroso pregare per chi si trova ad affrontare difficili situazioni lavorative, tra cui molti giovani sfiduciati e preoccupati per il loro avvenire.
… Mi sono riservata il settimo giorno e non me lo volete concedere
La Madonna si rammarica per la condotta di quelle persone che si ostinano a non seguire i consigli della Chiesa e ci ricorda che in fondo si tratta di un impegno concentrato in un solo giorno per provvedere soprattutto alle nostre esigenze spirituali, per pensare alla nostra conversione e per rafforzare i rapporti affettivi in famiglia e nella comunità a fronte dei sei giorni impiegati soprattutto per le nostre necessità materiali.
Alla luce del Messaggio salettino non si devono ignorare alcune recenti proposte mirate ad utilizzare strutture commerciali anche nei giorni festivi.
A Roma in un incontro di fedeli appartenenti a Parrocchie limitrofe si parlava di tale ormai diffusa prassi. Di fronte alle sacrosante critiche di alcuni presenti, una signora disse in tutta tranquillità:”Ma è così bello andare a fare le compere all’uscita della Messa!”.
Seguirono attimi di silenzio imbarazzanti, molti poi sottolinearono che l’apertura festiva dei negozi non facilita di certo la celebrazione della domenica come giorno dedicato a Dio e al riposo. Simili decisioni, ormai molto diffuse, mortificano la santificazione della domenica sia per la separazione dei vari componenti la famiglia, sia perché affievoliscono il senso cristiano della stessa. Occorre prendere atto che il guadagno non può essere il centro della vita dell’uomo ed elemento decisivo nel prendere posizione su qualsiasi argomento. Dalle pagine di questa rivista mariana, proprio ascoltando le parole di Maria, si estende un invito ai lettori di pregare perché sia posta fine a questa visione della vita difforme dallo spirito e dalla lettera del Messaggio che stiamo commentando. Come sottolinea Famiglia Cristiana (pag 38, n. 15/2012) “se la festa finisce e la domenica rischia di diventare un giorno come un altro… non sarà sufficiente a consolarci la possibilità di acquistare un paio di calze in ogni momento del giorno e della notte perché avremo rinunciato a quel settimo giorno che dà significato a tutti gli altri”. Non resta che recarsi negli esercizi commerciali, aperti nei giorni festivi, solamente in casi e circostanze veramente eccezionali.
Da quanto tempo soffro per voi! Dal momento che ho ricevuto la missione di pregare continuamente mio figlio, faccio di tutto perché non vi abbandoni, ma voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete, mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi.
Gli spunti di meditazione che questo brano del Messaggio ci offre sono numerosi e per approfondirli meglio analizziamoli frase per frase.
Da quanto tempo soffro per voi!
Maria parla di tempo, di questa dimensione che è solo umana, per ricordarci che “tanto tempo fa”, sotto la Croce per noi disse il suo FIAT (Gv 19, 26-27). Ma la Vergine ci ama da sempre. Una mamma si preoccupa ed ama il proprio figlio prima ancora che questi nasca.
La Vergine soffre per noi, per ognuno di noi. E’ senza dubbio una sofferenza che fa riferimento ai problemi di tutta l’umanità, ma è anche contemporaneamente sofferenza per ognuno di noi: è attraverso l’amore e l’ascolto di singole esigenze che tutto viene proiettato nella misericordia infinita di Cristo e nella fedeltà ai progetti del Padre. La Madonna cura, si preoccupa e prega intensamente per ciascuno di noi come se fosse l’unico al mondo: ognuno si deve sentire amato e “coccolato” da Maria come lo è un bimbo in braccio alla sua mamma. Ma la Mamma in questo momento piange perché il “bambino”… non la ascolta.
Maria non si stanca di pregare per noi, siamo noi invece che ci dimentichiamo di pregare Lei.
… Dal momento che ho ricevuto la missione di pregare continuamente mio Figlio …
Maria, la serva del Signore, obbedisce a questa missione totalmente. E’ una mamma che prega il Figlio e questa è la forma più efficace di preghiera: la sua potenza è infinita perché infinita è la potenza di suo Figlio.
La Vergine intercede per noi perché è presente nella nostra vita e ne conosce la povertà. Prega soprattutto per la nostra conversione: MADRE DI MISERICORDIA. MADRE RICONCILIATRICE. Se hanno valore le “nostre” preghiere (Mc 11, 22-26), quanto potere avranno quelle di Maria!
Tutta la vita della Vergine è stata una preghiera se analizziamo umanamente gli avvenimenti che l’hanno costellata. Pensiamo all’Annunciazione, al Magnificat, alla nascita di Gesù e via via fino alla Croce e alla Pentecoste: una preghiera che continuerà fino alla fine del mondo. Non per niente la Chiesa ha aggiunto nell’AVE Maria, dopo il saluto di Elisabetta, l’invocazione di “SANTA MARIA MADRE DI DIO PREGA PER NOI PECCATORI ADESSO E NELL’ORA DELLA NOSTRA MORTE”.
… Faccio di tutto perché non vi abbandoni …
Che cosa può fare di più oltre che pregare continuamente per noi? Può essere paragonata alla preghiera di una mamma che ha il figlio in guerra. Anche noi stiamo vivendo una lotta contro il male e se la Madonna non pregasse, il demonio avrebbe campo libero con tutto quello che ne deriverebbe. Le forze del male non prevarranno solo se noi individualmente riusciremo ad attuare le esortazioni del suo Messaggio. Il brano del Siracide che si legge nella festa della Santa Famiglia (Sir 3,6) recita: “Chi obbedisce al Signore darà consolazione alla Madre”.
… e voi non ci fate caso.
E’ vero la nostra ingratitudine non ha limiti! Quanti avvenimenti sono succeduti nella nostra vita dove è stata evidente l’intercessione di Maria, che ci ha guidato in quella determinata scelta che ci ha salvato da un pericolo e che ci ha permesso di ritornare sui nostri passi.
Impariamo a fare caso a tutto ciò che abbiamo di bello e di buono, a partire dalla gioia che ci procura l’avere fede in Cristo, dalla vita, dalla famiglia, dagli amici… Impariamo però a “fare caso” ai problemi degli altri. Gli altri sono l’icona di Cristo. Il buon samaritano ha “fatto caso” al viandante che si è imbattuto nei briganti.
Per quanto pregherete e farete mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi.
Possiamo provare a compensare la pena della Madonna solo ringraziando e sforzandoci di vivere secondo i suoi insegnamenti. Se recitassimo più sovente l’ultima strofa della preghiera a La Madonna de La Salette la nostra vita avrebbe un altro raggio: “Ottienici la grazia di amare Gesù sopra ogni cosa e di consolare anche te con una vita dedicata alla gloria di Dio ed all’amore dei nostri fratelli”.
Il braccio del Figlio…
sono costretta a lasciare andare il braccio di mio figlio, che è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo.
Questa frase, pronunciata da Maria a La Salette, è ritenuta una delle più difficili; essa ha significato solo se inquadrata nel clima di riconciliazione e di speranza che caratterizza tutto il Messaggio.
Da sempre gli uomini hanno attribuito a Dio forma antropomorfa e sentimenti umani: nella Bibbia, poi, “il braccio di Dio” è il simbolo della sua potenza e della sua giustizia. “Il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi” (Dt 26,8).
Quando il popolo di Israele tradisce l’Alleanza Dio lo punisce (cfr Is 1, 16-20) per ricondurlo sulla retta via, per ristabilire l’ordine e l’osservanza del patto. Si comporta come un genitore che è costretto, suo malgrado, ma proprio perché ama il figlio, a correggerlo.
Inquadrato nell’amore di Dio dobbiamo pensare che tutto ciò che ci accade è esclusivamente per il nostro bene.
Mosè ci presenta un “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà… che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato” (Es 34, 6-7). Ne consegue che Dio ha un solo sentimento: l’amore, anzi “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (Gv 4, 16).
La Vergine Maria, come è nello stile del Messaggio sembra riproporci l’episodio dell’A.T., quando nella battaglia di Refidìm, Amalèk sfidò Israele (cfr Es 17, 11-12). Sono i nostri peccati che pesano sul braccio crocifisso di Gesù.
Se i soldati romani glielo avessero permesso, Maria, sotto la croce, sarebbe andata a sorreggere il braccio di Gesù non solo come una madre coraggiosa che partecipa alla sofferenza del figlio ma soprattutto condividendone la sua missione redentrice.
La Vergine ci ricorda il potere enorme che hanno la preghiera e la fede. “In verità io vi dico: se avrete fede pari ad un granello di senape…” (cfr Mt 17, 20-21).
E’ bello pensare che insieme alla Madonna possiamo esserci anche noi, con le nostre preghiere e le nostre opere, guidate dai “dieci comandamenti”, a sostenere il braccio misterioso di Gesù e pregare con la certezza di essere ascoltati da un Padre amorevole. “A te che ascolti ogni preghiera, viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe ma tu perdoni i nostri delitti” (Sal 65, 3). Così come possiamo pensare che fossero preghiere i sassi posti sotto le braccia di Mosè.
A La Salette Maria ci chiede di pregare con lei, di aiutarla: chiede la nostra miseria e la nostra pochezza perché… non ce la fa più! Quanta tenerezza in quest’espressione! E’ la Vergine che chiede aiuto, non perché ha bisogno di noi ma perché vuole coinvolgerci nella riconciliazione universale.
Questa richiesta è talmente sconcertante che ci deve fare rabbrividire al pensiero di quanto poco preghiamo per la nostra conversione e per quella di tutti gli uomini.
Maria vede i nostri bisogni e le nostre difficoltà e come ha fatto a Cana intercede per noi, ma anche a noi dice: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gio 2,4) Maria ha avuto fiducia in quei servi e loro hanno obbedito. Ma noi come rispondiamo?
Dio ha fiducia nell’uomo che è la realizzazione del suo disegno d’amore e vuole che nessuno si perda. Mette però delle regole e dei paletti ben precisi: le “dieci parole” e le beatitudini, ancorati nella giustizia e nella amorevole misericordia di Dio.
Dicevamo all’inizio del Figlio di Dio giudice: ed è dogma di fede. Infatti nel Credo recitiamo: “E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”. Gesù, quindi, è giudice e darà ad ognuno la sua sentenza finale.
Nella nostra limitata logica umana non possiamo comprendere come due realtà, giustizia e misericordia, possano coesistere. Ci rincuora però Giovanni dicendoci: “nell’amore non c’è timore, l’amore perfetto caccia il timore, perché il timore presuppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore” (1Gv 4,18).
Se il mio popolo non vuole sottomettersi…
Dopo l’affettuosa e rassicurante esortazione iniziale e la precisa motivazione della sua apparizione, la Vergine entra subito nel vivo, fissando quello che sarà il tema del suo Messaggio, stabilendo un accordo, un patto che si attuerà solo se sarà rispettato il “se” iniziale:SE IL MIO POPOLO NON VUOLE SOTTOMETTERSI…
Il “se” ha per logica una conseguenza.
Il “se” è un simbolo di libertà: la libertà dei figli di Dio, la libertà che Dio ci dona fino alle estreme conseguenze… Maria affida a noi, alle nostre scelte l’esito della sua missione a La Salette.
Il mio popolo. Parlando a Massimino e Melania la Vergine si rivolge all’umanità intera e soffre per il suo popolo. Infatti ogni persona, in quanto plasmata dalle mani dell’Altissimo, fa parte del “suo popolo” (“verranno da oriente e da occidente da settentrione e da mezzogiorno e sederanno a mensa nel regno di Dio” Lc 13,29) ma le parole di Maria sono indirizzate principalmente a noi battezzati, che, pur appartenendo a Cristo, non ricambiamo il suo amore di Madre tanto da farla piangere.
Un popolo però è composto da tante singole persone che Dio ama e conosce per nome; ma ci ama anche globalmente perché siamo il suo popolo. “…piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un Popolo, che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse… Tutto questo però avvenne in preparazione e in figura di quella nuova e perfetta Alleanza che doveva concludersi in Cristo” (Conc. Ecum. Vat. II Lumen gentium 9).
Siamo tutti concatenati e il peccato di uno contamina tutti ma anche il bene compiuto dal singolo si riversa su tutti.
Si è soliti dire che un’anima che si eleva, eleva il mondo. Domandiamoci, quindi, di quanto poco ci impegniamo per migliorarci e di quanto non bene fatto siamo responsabili.
Il Beato Giovanni Paolo II incontrando i giovani disse: “Il dono più grande che ognuno di noi può fare alla Chiesa è farsi santo”.
Sottomettersi, perché?
Non vuole sottomettersi. La Vergine manifesta, poi, il motivo di quel “se” iniziale. Dio dimostra il suo grande rispetto per l’uomo: sottomettersi non vuol dire obbedire per paura, ma essere coinvolti nella fedeltà e nell’amore.
Sottomettersi per libera scelta è spogliarsi di se stessi, del proprio io per fare spazio a Dio, non è mortificare la libertà e l’intelligenza ma è un atto di umiltà e di verità. Il peccato di Adamo ed Eva è stato il rifiuto della verità di essere creature:” sarete come Dio” (cfr Gen 3,5).
La vita di Gesù è un esempio di sottomissione: a Nazaret stava sottomesso a Maria e a Giuseppe (Lc 2, 51-52). Malgrado la sua angoscia di fronte alla morte “Gesù la assume in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L’obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione” (Rom 5, 19-20).
Adesso pensiamo a quale esempio di sottomissione ci viene da Maria che liberamente condiziona tutta la sua vita a quel “Sono la serva de Signore, avvenga in me quello che hai detto” (Lc 1, 38), cosciente dell’enorme compito che le si poneva di fronte.
Nel Messaggio di Maria a La Salette traspare chiaramente un continuo richiamo biblico alla linea dei profeti. La Bibbia infatti è piena di esortazioni a cambiare strada, a tornare indietro, a prendere coscienza del proprio peccato e a lasciarsi riconciliare con Dio.
Maria a La Salette è un ponte tra l’antico e il nuovo testamento ma noi non “vogliamo” sottometterci, forse perché lo siamo già all’amor proprio, al denaro, al conformismo, alla superficialità, alla carriera, al desiderio di essere e di potere.
Quel “non vuole” è la parola chiave di tutto il Messaggio, è il rifiuto dell’uomo ad accettare Dio, Padre e Creatore, è l’ostinarsi ad ignorarlo e a fare a meno di Lui e della sua Legge. “Non vuole” è la scelta drammatica: può farlo ma non lo fa. La conseguenza è il peccato, che vuol dire seguire il separatore che non solo ci allontana da Dio, ma smembra il suo popolo. La Vergine Riconciliatrice ce lo ricorda piangendo.
I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 3
Se il mio popolo non vuole sottomettersi…
Dopo l’affettuosa e rassicurante esortazione iniziale e la precisa motivazione della sua apparizione, la Vergine entra subito nel vivo, fissando quello che sarà il tema del suo Messaggio, stabilendo un accordo, un patto che si attuerà solo se sarà rispettato il “se” iniziale:SE IL MIO POPOLO NON VUOLE SOTTOMETTERSI…
Il “se” ha per logica una conseguenza.
Il “se” è un simbolo di libertà: la libertà dei figli di Dio, la libertà che Dio ci dona fino alle estreme conseguenze… Maria affida a noi, alle nostre scelte l’esito della sua missione a La Salette.
Il mio popolo. Parlando a Massimino e Melania la Vergine si rivolge all’umanità intera e soffre per il suo popolo. Infatti ogni persona, in quanto plasmata dalle mani dell’Altissimo, fa parte del “suo popolo” (“verranno da oriente e da occidente da settentrione e da mezzogiorno e sederanno a mensa nel regno di Dio” Lc 13,29) ma le parole di Maria sono indirizzate principalmente a noi battezzati, che, pur appartenendo a Cristo, non ricambiamo il suo amore di Madre tanto da farla piangere.
Un popolo però è composto da tante singole persone che Dio ama e conosce per nome; ma ci ama anche globalmente perché siamo il suo popolo. “…piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un Popolo, che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse… Tutto questo però avvenne in preparazione e in figura di quella nuova e perfetta Alleanza che doveva concludersi in Cristo” (Conc. Ecum. Vat. II Lumen gentium 9).
Siamo tutti concatenati e il peccato di uno contamina tutti ma anche il bene compiuto dal singolo si riversa su tutti.
Si è soliti dire che un’anima che si eleva, eleva il mondo. Domandiamoci, quindi, di quanto poco ci impegniamo per migliorarci e di quanto non bene fatto siamo responsabili.
Il Beato Giovanni Paolo II incontrando i giovani disse: “Il dono più grande che ognuno di noi può fare alla Chiesa è farsi santo”.
Sottomettersi, perché?
Non vuole sottomettersi. La Vergine manifesta, poi, il motivo di quel “se” iniziale. Dio dimostra il suo grande rispetto per l’uomo: sottomettersi non vuol dire obbedire per paura, ma essere coinvolti nella fedeltà e nell’amore.
Sottomettersi per libera scelta è spogliarsi di se stessi, del proprio io per fare spazio a Dio, non è mortificare la libertà e l’intelligenza ma è un atto di umiltà e di verità. Il peccato di Adamo ed Eva è stato il rifiuto della verità di essere creature:” sarete come Dio” (cfr Gen 3,5).
La vita di Gesù è un esempio di sottomissione: a Nazaret stava sottomesso a Maria e a Giuseppe (Lc 2, 51-52). Malgrado la sua angoscia di fronte alla morte “Gesù la assume in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L’obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione” (Rom 5, 19-20).
Adesso pensiamo a quale esempio di sottomissione ci viene da Maria che liberamente condiziona tutta la sua vita a quel “Sono la serva de Signore, avvenga in me quello che hai detto” (Lc 1, 38), cosciente dell’enorme compito che le si poneva di fronte.
Nel Messaggio di Maria a La Salette traspare chiaramente un continuo richiamo biblico alla linea dei profeti. La Bibbia infatti è piena di esortazioni a cambiare strada, a tornare indietro, a prendere coscienza del proprio peccato e a lasciarsi riconciliare con Dio.
Maria a La Salette è un ponte tra l’antico e il nuovo testamento ma noi non “vogliamo” sottometterci, forse perché lo siamo già all’amor proprio, al denaro, al conformismo, alla superficialità, alla carriera, al desiderio di essere e di potere.
Quel “non vuole” è la parola chiave di tutto il Messaggio, è il rifiuto dell’uomo ad accettare Dio, Padre e Creatore, è l’ostinarsi ad ignorarlo e a fare a meno di Lui e della sua Legge. “Non vuole” è la scelta drammatica: può farlo ma non lo fa. La conseguenza è il peccato, che vuol dire seguire il separatore che non solo ci allontana da Dio, ma smembra il suo popolo. La Vergine Riconciliatrice ce lo ricorda piangendo.
“…figli miei, non abbiate paura: sono qui per annunciarvi un grande messaggio”
Continuiamo la nostra meditazione sul Messaggio della Vergine a La Salette riflettendo sulle seconde parole “FIGLI MIEI”. Figlio è la parola più affettuosa che una persona possa dire ad un’altra e non c’è amore più completo ed assoluto di quello che ha una madre per i propri figli.
Maria dice “miei” e se siamo suoi vuol dire che non possiamo appartenere a nessun altro. In questa frase è manifesto tutto l’amore che ha per noi: chi ci chiama “figli miei” non può che volerci bene e volere il nostro bene. Ma quando ci avviciniamo al mistero, consapevoli della nostra pochezza e dei nostri limiti, abbiamo paura come i pastorelli.
Questo stato emotivo e di apprensione nell’Eden era completamente assente, ma irrompe, nella storia dell’uomo, dopo il peccato, a sottolinearne maggiormente la fragilità: “Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo e mi sono nascosto” (Gen 3,12).
Maria, a La Salette, madre del nuovo Adamo ed essa stessa nuova Eva, portando sul petto l’immagine di chi ha vinto il peccato, ci sostiene e ci dà forza dicendoci: “NON ABBIATE PAURA”: principalmente di testimoniare Cristo e di credere nella vita.
Sono parole rassicuranti che indicano la volontà di colloquiare, di instaurare un dialogo. Quante volte, però, non siamo disposti ad ascoltare Cristo che non vediamo e maggiormente il prossimo che vediamo e ci sta vicino? Quante persone sole, quante hanno bisogno di parlare e di sentirsi ascoltate!
Accoglienza: impegno dei laici
Spesso nelle nostre parrocchie si parla di “accoglienza”, di far sentire a proprio agio chi viene in chiesa, anche solo per poco tempo o di passaggio.
Sull’esempio di Maria dovremmo essere capaci di avvicinare le persone e, con estrema semplicità e disarmati, far sentire loro che dobbiamo vivere in comunione, che ognuno è prezioso agli occhi di Dio che ci conosce per nome e ci ama singolarmente.
Nessuno si deve sentire trascurato o ignorato o massificato o, peggio, giudicato o respinto. Quante volte non lo facciamo perché abbiamo paura di non avere tempo, o di non trovare le parole o gli atti adatti o temiamo di fare brutta figura o semplicemente per rispetto umano. Ma a volte per suscitare un dialogo o iniziare un’amicizia basta solo un sorriso e un saluto più cordiale e meno anonimo. Pensiamo a quanti “scambi della pace” vengono fatti con indifferenza. Forse è proprio nell’accoglienza che noi laici dovremmo impegnarci maggiormente, aiutando i Sacerdoti e mettendoci a disposizione della comunità.
“Non abbiate paura”: questa esortazione nella Bibbia è ripetuta 360 volte (quasi a significare che di questo incoraggiamento ne abbiamo bisogno ogni giorno!) e la Vergine lo dice anche a noi per tutti gli eventi della nostra vita.
Ci rimanda il Salmo 23 “anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” e ci ricorda le ultime parole di Gesù che, al momento dell’ascensione, ci rassicura dicendo: “Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Se si è con Cristo e con Maria di chi e di che cosa dobbiamo avere paura?
Maria entra subito nel vivo della sua missione e dice ai fanciulli: “SONO QUI PER ANNUNCIARVI UN GRANDE MESSAGGIO”. Chiarisce che ha un compito ben preciso. E’ venuta ad annunciarci un “grande messaggio”, non una cosa da poco, da dimenticare o trascurare o da recepire con superficialità. Maria non tradisce il suo compito di madre premurosa e preoccupata per i suoi figli, parla a nome di Cristo per darci consigli importanti, farci un discorso denso di significati per metterci di fronte alle nostre responsabilità.