Jacek Pawłowski

Jacek Pawłowski

Santa Pasqua 2021

“Cristo morì, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture” (1Cor 15,3-4)

“Se si convertono…” (Maria a La Salette)

Carissimi confratelli,

come già l’anno scorso anche quest’anno gli auguri pasquali del Consiglio Generale e miei personali vi raggiungono nelle vostre comunità e nei luoghi del lavoro pastorale mentre la pandemia da coronavirus non sembra lasciare la presa. Al contrario continua ad imperversare più o meno intensamente ovunque nel mondo seminando attorno a sé, paura e incertezza nel futuro e mettendo a dura prova la tenuta del sistema sanitario, sociale ed economico dei nostri singoli paesi. 

A diverso titolo tutti ci sentiamo coinvolti da questo fenomeno che sta cambiando il nostro modo di concepire e vedere il mondo, la società, i rapporti interpersonali e la nostra stessa vita. Stiamo vivendo infatti una vera rivoluzione “copernicana” circa i valori attorno a cui siamo chiamati a costruire il futuro prossimo, nostro e del mondo, nella speranza che sia migliore di quello attuale. Dalla centralità del fare e dell’efficienza si sta passando giustamente alla centralità della persona con i suoi diritti da rispettare e i doveri da mettere in atto.

Anche la vita religiosa, di conseguenza, non è del tutto esente da questo cambiamento epocale in atto.  Lontani dal frenetico ritmo di vita che caratterizzava il nostro essere religiosi e preti, all’improvviso limitati nei nostri viaggi e ministeri, abbiamo scoperto, lungo quest’anno, quanto siano importanti invece i rapporti interpersonali fatti soprattutto di piccoli gesti di accoglienza e ascolto dell’altro, di attenzione e servizio vicendevole, di gratuità generosa e di tempo condiviso. Abbiamo sperimentato, inoltre, assieme alla fatica di vivere la fede in comunità… anche la bellezza del ritrovato gusto alla vita di preghiera personale e comunitaria accompagnato dallo sforzo di “aggiornamento” del modo di essere presenti al popolo di Dio affidato alle nostre cure pastorali.

Mi auguro che questa esperienza, non voluta ma imposta con violenza e senza preavviso dalle avverse circostanze che conosciamo, si trasformi in un “Kairós”, in un tempo favorevole e di grazia per tutti noi e ci aiuti a rimetterci in gioco e in cammino con responsabilità, determinazione, entusiasmo e senza paura rinnovando profondamente il nostro modo di vivere la fedeltà alla sequela del Signore alla luce del messaggio della Vergine piangente de La Salette.

Sarà un’opportunità mancata se, passata questa “bufera pandemica”, le cose ritornassero come prima nella nostra vita religiosa personale e comunitaria e anche nella pastorale senza lasciare traccia alcuna del suo passaggio e degli stimoli da essa emersi e promossi. Papa Francesco ha affermato che da questa pandemia o si è esce migliori o se ne esce peggiori …e comunque mai uguali come prima. Non c’è una via di mezzo. Se questo vale per tutti molto più deve valere per noi religiosi salettini. 

Con tutta la Chiesa, anche noi saremo chiamati a rinnovare il nostro linguaggio “religioso” che spesso appare logoro e datato, fatto di parole astratte e vuote e quindi incapace di comunicare con freschezza e incisività la ricchezza del Vangelo e la testimonianza gioiosa della nostra vita religiosa al mondo di oggi. È una sfida che ci interpella tutti personalmente e alla quale nessuno di noi potrà facilmente sottrarsi.

Da questa esperienza insolita e per molti versi dolorosa dovremmo uscirne rinnovati e rincuorati a tutti i livelli. È l’auspicio che formulo per tutti e per ciascuno di noi.

Non si dà Pasqua di Risurrezione senza il passaggio stretto della sofferenza, del grido di abbandono e della morte sperimentato il Venerdì Santo. Solo così la Pasqua diventa la celebrazione per eccellenza della speranza che non inganna e dell’esplosione della vita nuova offerta a tutti e inaugurata dal Cristo risorto. 

Noi tutti sappiamo che il messaggio de La Salette è essenzialmente un messaggio pasquale fatto certamente di richiami forti alla conversione, all’ impegno personale, a rivedere e rinnovare le proprie relazioni con Dio e con la Chiesa ma anche di promesse di una pienezza di vita illuminata e purificata da quella luce sfolgorante che promana dal Cristo crocifisso e glorioso nello stesso tempo, pendente sul petto della Bella Signora. Per questo motivo anche noi assieme a S. Paolo possiamo affermare con forza e ad alta voce: “Cristo risorto è la nostra speranza” (1Cor,15)

Il mistero pasquale, di morte e di risurrezione, di sofferenza e di rinascita, accompagna quest’anno anche le due missioni salettine in terra d’Africa e la Regione di Myanmar.

In Mozambico la situazione non sembra essere migliorata rispetto a quanto riferito nella lettera di Natale. Infatti essa continua ad essere critica e sembra essere sfuggita al controllo delle forze dell’ordine locali e nazionali. Ultimamente alcune agenzie di stampa hanno riportato la notizia di crimini orribili perpetrati contro i bambini della regione di Cabo Delgado che è in mano a dei gruppi Jihadisti senza scrupoli. Per il momento P. Edegard lavora nella città di Pemba in qualità di assistente e accompagnatore dei numerosi profughi provenienti dalla parrocchia di Nangololo e non solo. In stretta collaborazione con le Province del Brasile e dell’Angola il CG sta progettando di ristrutturare quanto prima la comunità e di riorganizzare la sua presenza pastorale nella diocesi. Questa, dopo il recente trasferimento di Mons. Luiz ad altra sede (Brasile), è guidata da un amministratore apostolico nella persona di Mons. Juliasse, vescovo ausiliare di Maputo. In attesa del nuovo vescovo, con il quale potremo discutere del futuro della presenza salettina nella zona, portiamo nelle nostre preghiere costantemente questa comunità e il suo futuro sviluppo come pure il popolo perseguitato da essa servito.

In Tanzania si sta lavorando con tanto impegno all’acquisto di una casa e di un pezzo di terreno attiguo in vista dell’apertura di un primo centro di animazione vocazionale e di formazione per i giovani che desiderano entrare a far parte della nostra famiglia religiosa.  Il desiderio del CG, supportato dalla comunità di Rutete, è di iniziare il cammino formativo nel corrente Anno Mariano o al più tardi all’inizio del 2022. Pongo con tanta fiducia questo progetto sotto la protezione della Bella Signora de La Salette, nostra Madre e Patrona e nello stesso tempo, l’affido all’attenzione e alle preghiere di tutta la Congregazione.

A nome della Congregazione desidero ardentemente esprimere sentimenti di vicinanza spirituale e solidale ai nostri confratelli della giovane Regione di Myanmar che stanno vivendo un momento di grande smarrimento e di forte preoccupazione per le sorti del processo democratico del paese, interrotto bruscamente dal recente golpe militare (1° febbraio). Ci auguriamo che lo stato di guerra instaurato dai militari, che ha causato la comprensibile insurrezione popolare e disgraziatamente la morte di tanti innocenti, cessi il più presto possibile e che la giustizia e il rispetto delle regole democratiche opportunamente stabilite abbiano la meglio sull’odio e le divisioni presenti ora nel paese. In questo contesto di incertezza e paura per il prossimo futuro sono un grande segno di fiduciosa speranza per il paese, la Regione e la Congregazione le quattro nuove ordinazioni sacerdotali che hanno avuto luogo il 19 marzo scorso, festa di S. Giuseppe. Ringraziamo il Signore per il dono della loro vocazione. Illuminati e guidati dal nostro carisma si adopereranno certamente a favorire percorsi di riconciliazione nel paese, assetato di pace e di giustizia, con la loro parola e soprattutto con la testimonianza della loro vita.

Che questa Santa Pasqua, con la sua sconvolgente carica di luce e di vita nuova ci orienti sempre più ad incorporare la nostra esistenza di uomini e di religiosi in quella di Cristo risorto e a lasciarci comunicare la vita in pienezza dal suo Spirito.

La Risurrezione di Cristo, inoltre, ci sproni a dare ragione sempre e senza paura di quella fede e di quella speranza che devono animare ovunque e comunque la nostra vita di cristiani e di religiosi.

Ai confratelli anziani o sofferenti, a coloro che sono immersi nel lavoro pastorale, ai giovani religiosi, ai novizi e ai giovani in formazione come pure alle Suore de la Salette e ai molti Laici Salettini che, animati dal carisma della riconciliazione, operano con noi nel campo della evangelizzazione e della carità vadano, anche a nome del Consiglio generale, gli auguri più belli e cristiani di

Buona e Santa Pasqua di Risurrezione!

Fraternamente vostro,

P. Silvano Marisa MS

Superiore Generale

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Il cammino di conversione

Marzo 2021

Lasciarsi guidare da Dio

Convertirsi non necessariamente vuol dire solo voltare le spalle al male e rivolgersi al bene. Questa si può chiamare una conversione che salva la vita eterna.

Ci può essere anche un’altra conversione, consistente nel rinunciare a realizzare il bene dipendente dalla nostra volontà, la quale a modo suo scopre una bella e buona vocazione di vita, e seguire la strada vocazionale indicata dalla decisione di Dio.

Come religiosi dobbiamo essere consapevoli della nostra naturale vocazione alla vita in famiglia, al matrimonio e alla paternità, ma abbiamo scelto di vivere i voti religiosi, ispirati dal Messaggio della Bella Signora oppure dall’esempio di vita dei salettini. Così abbiamo interpretato la volontà di Dio nei confronti di ciascuno di noi, cioè ci siamo convertiti a un’altra vocazione, più impegnativa di quella naturale. E Maria, ha sperimentato anche Lei una conversione?

Nella prima accezione – mai, perché Ella è una persona Immacolata.

Nella seconda accezione – sì, e tante volte.

Ella aveva già i suoi progetti di vita verginale nel matrimonio con Giuseppe. Avrebbe dovuto diventare moglie e casalinga nella casa di Nazaret. Così aveva interpretato la sua vocazione di vita. Nell’Annuciazione dell’Angelo, Dio ha cambiato questo progetto e Maria subito ha «convertito» la propria volontà, rendendola obbediente alla volontà di Dio. Ponendo all’Arcangelo Gabriele la domanda: «Come è possibile? Non conosco uomo», Ella praticamente vuole sapere chi deve compartecipare nella concezione, visto che con Giuseppe aveva già stato stabilito il patto di non congiungersi carnalmente. La Vergine Maria subito punta al concreto. Come sappiamo, Gabriele Le spiega il ruolo dello Spirito Santo in questo atto. Il suo famoso fiat voluntas tua è una decisione di abbandonare i propri progetti (molto nobili) e di coinvolgersi pienamente nell’inatteso progetto di Dio.

Similmente a Gerusalemme, avendo ritrovato Gesù dopo tre giorni, non capisce le spiegazioni di Gesù, ma serba tutte queste cose nel proprio cuore. Non si lascia tormentare dai pensieri sulla mancata attenzione verso Gesù, ma imprime questo fatto nella sua memoria: converte (rivolge) i suoi pensieri a Dio e da Lui si aspetta spiegazioni. Riconosce che riceverà le spiegazioni al momento opportuno, quando lo vorrà Dio. Forse quell’esperienza dei tre giorni di separazione l’ha aiutata a sorreggere i tre giorni dell’attesa della risurrezione del Figlio crocifisso.

C’è ancora un altro tratto della conversione nella vita di Maria.

Quando la gente ha cominciato a giudicare Gesù, ritenendolo pazzo, la famiglia vuole difendere la sua reputazione e fa giungere la Madre. Quando Gesù viene a sapere che la Madre e i fratelli Lo stanno aspettando, risponde: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». E rivolgendosi a quelli che gli stanno seduti attorno, dice: «Ecco mia madre e i miei fratelli» (cfr. Mc 3,20–21.30–35).

In questo evento Gesù non ha mancato di accennare al fare la volontà di Dio. Perché è un’occasione di conversione per Maria? Ella ha capito in quel momento che era terminato il suo ruolo di Madre, di Educatrice e di Amica di Gesù. Da allora in poi Ella diventa la discepola del suo Figlio nel fare la volontà di Dio. Mantenendo l’autorità della Madre del Salvatore, Ella nel suo cammino di fede segue l’esempio di umiliazione e di obbedienza al Padre Celeste, sul modello di Gesù.

Karol Porczak MS

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La Salette e l’Ecologia

Febbraio 2021

“La salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione…”

“Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sap 13,5)

Sia l’Antico che il Nuovo Testamento hanno un approccio positivo alla creazione. È positivo perché teocentrico. In effetti, la Bibbia Ebraica vede la creazione come un’icona ed espressione della grazia, regalità e bontà di Dio. Più di una volta la Scrittura testimonia questa verità: si vedano, ad esempio, i primi due capitoli del libro della Genesi o i numerosi Salmi che ci invitano a cantare la grandezza di Dio riflessa nella bellezza della creazione, o il libro della Sapienza che ci ricorda che l’intero universo parla dell’amore di Dio (“Attraverso la grandezza e la bellezza delle creature si arriva a conoscere per analogia il loro creatore” – Sap 13,5).

Se dall’Antico si passa al Nuovo Testamento, la centralità della creazione non viene meno. Nei Vangeli, Gesù svela il mistero del Regno di Dio attraverso immagini prese in prestito dalla creazione (Mt 13,31–32.33.47–50; Mc 4,26–29.30–34; Lc 13,18–19); insegna facendo riferimento al creato (Mt 13,24–30.36–43; Lc 8,4–8.11–15; 13,6–9); si riferisce agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi per illustrare la presenza amorevole e premurosa del nostro Padre celeste verso l’umanità (Mt 6,25–34); usa la metafora della vite e dei tralci (Gv 15,1–6), o quella del “buon pastore” (Gv 10,11–18) per dire qualcosa di se stesso. E nelle sue lettere, San Paolo, più di una volta, parla della creazione come modo per sperimentare il mistero del Dio invisibile.

A differenza della filosofia Greca Antica, la mente biblica ha un approccio positivo verso la creazione; afferma che la materia conta. Fondamentalmente, la Bibbia riconosce il mondo creato come un giardino-casa che Dio ha preparato per tutti noi. I primi due capitoli del libro della Genesi sono molto chiari nei due punti seguenti: 1) lungi dall’essere di nostra proprietà, la creazione è percepita come un dono di Dio e 2) la vocazione radicale di ognuno di noi è quella di prendersi cura e amministrarla con saggezza, rispetto e gratitudine. A ognuno di noi è affidata la responsabilità di preservare il creato, comprese le sue risorse, con cura e amore.

A La Salette il creato non è assente. Pienamente in linea con la Bibbia, la Bella Signora lo include nel suo messaggio, sottolineando la stretta correlazione tra discepolato, conversione e creazione. A La Salette, Maria ci ricorda che il modo con cui ci rapportiamo alla creazione riflette il tipo di relazione che abbiamo con il nostro Creatore. Potremmo così dire che la nostra ecologia riflette la nostra teologia!

Un tale approccio ha conseguenze etiche e pratiche. Essere discepoli di Gesù di Nazareth e discepoli di sua Madre significa anche essere uomini e donne che valorizzano il dono della creazione, educano gli altri su come accostarla con gratitudine, meraviglia, e come segno della costante provvidenza di Dio. In altre parole, la salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione. E poiché, secondo Papa Francesco, siamo al tempo stesso missionari-discepoli, cioè persone che sono chiamate ad essere evangelizzate e ad evangelizzare, la salvaguardia del creato non è un’opzione che possiamo o non possiamo includere nella nostra opera di evangelizzazione. Così come la creazione è stata presente nell’insegnamento e nel ministero di Gesù, così dovrebbe essere parte integrante della nostra Nuova Evangelizzazione, come ci ricorda con insistenza Papa Francesco nella Lettera Apostolica del 24 maggio 2015, Laudato si’.

La nostra responsabilità sul creato

“Se si convertono, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi…”.Abbiamo qui il requisito dell’armonia sul pianeta terra da parte di Dio. Sono parole con cui l’uomo si confronterà tenendo presente il suo preponderante ruolo di dominare la terra, missione ricevuta in quel veemente appello primordiale: “Domina la terra” (Gen 1–11).

A La Salette, la Madre delle lacrime ci ricorda la responsabilità che abbiamo davanti a tutto il creato. La conversione dell’uomo fa la differenza, perché porta sulla terra il favore di Dio, ed è la pietra miliare fondamentale per la terra recuperare la sua fertilità, ripristinare l’armonia tra gli animali e l’uomo e costruire una nuova storia di amicizia tra Dio e l’uomo.

Come si può capire, l’ecologia è legata all’etica, e nel nostro caso non è irragionevole parlare di etica cristiana. Questo sotto il manto dell’ecologia vede nella protezione della biodiversità la salvezza dell’umanità stessa. Il messaggio di La Salette, insistendo sulla chiamata alla conversione e, in questo caso, facendo menzione delle patate e del grano che viene rovinato, lancia una sfida per tenere a mente la coscienza ecologica che porta l’uomo a una riscoperta francescana che l’essere umano fa parte della fauna e viene inserito nella creazione come parte di essa.

È vero che il buon progresso del mondo dipende principalmente dal valore spirituale dell’umanità. Lo stato d’animo dell’uomo influenza naturalmente quest’universo ad orientarsi verso Dio o a condannare, cioè la sua distruzione. A proposito, san Paolo parla dei gemiti della creazione (Rm 8,19–33) perché l’uomo ha perso il controllo del grande comandamento che ha ricevuto da Dio, di prendersi cura della terra. A causa della paura di voler camminare senza Dio, la natura è andata in convulsione: tempeste travolgenti, inondazioni gigantesche, terremoti devastanti e tsunami, desertificazione devastante di molte regioni, specialmente in Africa a sud del Sahara.

Le parole di nostro Signore Gesù Cristo sono lapidarie quando dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Per questo, per Papa Francesco, nella sua grande riflessione nell’enciclica Laudato si’, si presenta anche come una preoccupazione ecologica per trattare l’essere umano e la cultura dell’uomo.

“Arriverà una grande fame”. La fame è una preoccupazione per la Madre che intercede per il destino dell’umanità. La fame è anche, per così dire, un problema ecologico, poiché sbilancia il tessuto sociale. Ma è certo che la sua radice più profonda è il peccato sociale come negazione dell’altro come una cena alla festa del bene comune. Pertanto, più che diagnosticare la necessità di una protezione ambientale, è necessario accettare la sfida della conversione a Cristo perché è questo che favorirà il cambiamento socioculturale, la lotta permanente contro i problemi sociali che opprimono i popoli, i popoli e le società.

Maria – la Regina di tutto il Creato

Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 241) dice: «Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito. Così come pianse con il cuore trafitto la morte di Gesù, ora ha compassione della sofferenza dei poveri crocifissi e delle creature di questo mondo sterminate dal potere umano. Ella vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza. È la Donna “vestita di sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo” (Ap 12,1). Elevata al cielo, è Madre e Regina di tutto il creato. Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione, ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù, che “custodiva” con cura (cfr. Lc 2,19.51), ma ora comprende anche il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti».

La Bella Signora sul monte La Salette esprime proprio quella cura, quando pone delle domande, alcune delle quali sono retoriche: “Da quanto tempo io soffro per voi?”; “Voi non capite il francese?”; altre sono rivolte ai bambini: “Voi non capite questo?”; “Voi pregate bene?”; “Non avete mai visto del grano guasto?”; e infine una domanda diretta a Massimino: “Ma tu, bambino mio, devi averlo [grano guasto] visto?”. Tutte queste domande le pone Colei che conosce perfettamente il destino dell’uomo sulla terra. Lei sa come sia difficile essere riconciliati con il mondo colpito dal peccato dell’uomo.

Non sappiamo di sicuro come questo avvenga, ma nel Cielo Maria si prende cura di noi sull’esempio del Padre Eterno – santo e perfettissimo. Si può stare in cielo ed essere personalmente felici, ma non è possibile non preoccuparsi affatto del destino di quelli che stanno ancora sulla terra. Il Dio Incarnato, la Sua Madre e tutti i Santi conoscono l’esperienza della vita sulla terra e sanno che si deve costantemente lottare per la salvezza eterna, contrastando il male.

Possiamo anche supporre che la Madonna incessantemente interceda per noi davanti al trono di Dio, affinché Egli non cessi di avere pietà di noi. Ella incessantemente chiede al Figlio di misurare il rimedio della grazia, affinché noi non disperiamo e non ci scoraggiamo. Ella sa che il Figlio non vuole punire nessuno, ma Gli chiede di comportarsi affettuosamente con noi che siamo tanto restii a convertirci, perché inconsapevoli di quei beni che Gesù ha promesso. Le apparizioni di Maria sulla terra sono un esempio della grande cura della Madre per tutti i suoi figli – fratelli e sorelle del Suo Figlio Gesù. Lei viene – probabilmente dopo le ardenti preghiere rivolte a Dio – per farci aderire a Lui. L’atteggiamento di Dio, lo possiamo sintetizzare in una frase tratta dalla parabola del ricco e Lazzaro: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi” (Lc 16,31). Però Maria fa un’eccezione: Lei non è morta, Lei è stata assunta in Cielo!

Forse per questo Lei ha il diritto e il permesso da Dio di venire a noi e invitarci a perseverare nel vivere il Regno di Dio già qui, sulla terra, malgrado l’esistenza del peccato e del male.

Flavio Gilio MS

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

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La Salette e l’Ecologia

Febbraio 2021

“La salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione…”

“Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sap 13,5)

Sia l’Antico che il Nuovo Testamento hanno un approccio positivo alla creazione. È positivo perché teocentrico. In effetti, la Bibbia Ebraica vede la creazione come un’icona ed espressione della grazia, regalità e bontà di Dio. Più di una volta la Scrittura testimonia questa verità: si vedano, ad esempio, i primi due capitoli del libro della Genesi o i numerosi Salmi che ci invitano a cantare la grandezza di Dio riflessa nella bellezza della creazione, o il libro della Sapienza che ci ricorda che l’intero universo parla dell’amore di Dio (“Attraverso la grandezza e la bellezza delle creature si arriva a conoscere per analogia il loro creatore” – Sap 13,5).

Se dall’Antico si passa al Nuovo Testamento, la centralità della creazione non viene meno. Nei Vangeli, Gesù svela il mistero del Regno di Dio attraverso immagini prese in prestito dalla creazione (Mt 13,31–32.33.47–50; Mc 4,26–29.30–34; Lc 13,18–19); insegna facendo riferimento al creato (Mt 13,24–30.36–43; Lc 8,4–8.11–15; 13,6–9); si riferisce agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi per illustrare la presenza amorevole e premurosa del nostro Padre celeste verso l’umanità (Mt 6,25–34); usa la metafora della vite e dei tralci (Gv 15,1–6), o quella del “buon pastore” (Gv 10,11–18) per dire qualcosa di se stesso. E nelle sue lettere, San Paolo, più di una volta, parla della creazione come modo per sperimentare il mistero del Dio invisibile.

A differenza della filosofia Greca Antica, la mente biblica ha un approccio positivo verso la creazione; afferma che la materia conta. Fondamentalmente, la Bibbia riconosce il mondo creato come un giardino-casa che Dio ha preparato per tutti noi. I primi due capitoli del libro della Genesi sono molto chiari nei due punti seguenti: 1) lungi dall’essere di nostra proprietà, la creazione è percepita come un dono di Dio e 2) la vocazione radicale di ognuno di noi è quella di prendersi cura e amministrarla con saggezza, rispetto e gratitudine. A ognuno di noi è affidata la responsabilità di preservare il creato, comprese le sue risorse, con cura e amore.

A La Salette il creato non è assente. Pienamente in linea con la Bibbia, la Bella Signora lo include nel suo messaggio, sottolineando la stretta correlazione tra discepolato, conversione e creazione. A La Salette, Maria ci ricorda che il modo con cui ci rapportiamo alla creazione riflette il tipo di relazione che abbiamo con il nostro Creatore. Potremmo così dire che la nostra ecologia riflette la nostra teologia!

Un tale approccio ha conseguenze etiche e pratiche. Essere discepoli di Gesù di Nazareth e discepoli di sua Madre significa anche essere uomini e donne che valorizzano il dono della creazione, educano gli altri su come accostarla con gratitudine, meraviglia, e come segno della costante provvidenza di Dio. In altre parole, la salvaguardia del creato fa parte della Nuova Evangelizzazione. E poiché, secondo Papa Francesco, siamo al tempo stesso missionari-discepoli, cioè persone che sono chiamate ad essere evangelizzate e ad evangelizzare, la salvaguardia del creato non è un’opzione che possiamo o non possiamo includere nella nostra opera di evangelizzazione. Così come la creazione è stata presente nell’insegnamento e nel ministero di Gesù, così dovrebbe essere parte integrante della nostra Nuova Evangelizzazione, come ci ricorda con insistenza Papa Francesco nella Lettera Apostolica del 24 maggio 2015, Laudato si’.

La nostra responsabilità sul creato

“Se si convertono, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi…”.Abbiamo qui il requisito dell’armonia sul pianeta terra da parte di Dio. Sono parole con cui l’uomo si confronterà tenendo presente il suo preponderante ruolo di dominare la terra, missione ricevuta in quel veemente appello primordiale: “Domina la terra” (Gen 1–11).

A La Salette, la Madre delle lacrime ci ricorda la responsabilità che abbiamo davanti a tutto il creato. La conversione dell’uomo fa la differenza, perché porta sulla terra il favore di Dio, ed è la pietra miliare fondamentale per la terra recuperare la sua fertilità, ripristinare l’armonia tra gli animali e l’uomo e costruire una nuova storia di amicizia tra Dio e l’uomo.

Come si può capire, l’ecologia è legata all’etica, e nel nostro caso non è irragionevole parlare di etica cristiana. Questo sotto il manto dell’ecologia vede nella protezione della biodiversità la salvezza dell’umanità stessa. Il messaggio di La Salette, insistendo sulla chiamata alla conversione e, in questo caso, facendo menzione delle patate e del grano che viene rovinato, lancia una sfida per tenere a mente la coscienza ecologica che porta l’uomo a una riscoperta francescana che l’essere umano fa parte della fauna e viene inserito nella creazione come parte di essa.

È vero che il buon progresso del mondo dipende principalmente dal valore spirituale dell’umanità. Lo stato d’animo dell’uomo influenza naturalmente quest’universo ad orientarsi verso Dio o a condannare, cioè la sua distruzione. A proposito, san Paolo parla dei gemiti della creazione (Rm 8,19–33) perché l’uomo ha perso il controllo del grande comandamento che ha ricevuto da Dio, di prendersi cura della terra. A causa della paura di voler camminare senza Dio, la natura è andata in convulsione: tempeste travolgenti, inondazioni gigantesche, terremoti devastanti e tsunami, desertificazione devastante di molte regioni, specialmente in Africa a sud del Sahara.

Le parole di nostro Signore Gesù Cristo sono lapidarie quando dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Per questo, per Papa Francesco, nella sua grande riflessione nell’enciclica Laudato si’, si presenta anche come una preoccupazione ecologica per trattare l’essere umano e la cultura dell’uomo.

“Arriverà una grande fame”. La fame è una preoccupazione per la Madre che intercede per il destino dell’umanità. La fame è anche, per così dire, un problema ecologico, poiché sbilancia il tessuto sociale. Ma è certo che la sua radice più profonda è il peccato sociale come negazione dell’altro come una cena alla festa del bene comune. Pertanto, più che diagnosticare la necessità di una protezione ambientale, è necessario accettare la sfida della conversione a Cristo perché è questo che favorirà il cambiamento socioculturale, la lotta permanente contro i problemi sociali che opprimono i popoli, i popoli e le società.

Maria – la Regina di tutto il Creato

Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 241) dice: «Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito. Così come pianse con il cuore trafitto la morte di Gesù, ora ha compassione della sofferenza dei poveri crocifissi e delle creature di questo mondo sterminate dal potere umano. Ella vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza. È la Donna “vestita di sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo” (Ap 12,1). Elevata al cielo, è Madre e Regina di tutto il creato. Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione, ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù, che “custodiva” con cura (cfr. Lc 2,19.51), ma ora comprende anche il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti».

La Bella Signora sul monte La Salette esprime proprio quella cura, quando pone delle domande, alcune delle quali sono retoriche: “Da quanto tempo io soffro per voi?”; “Voi non capite il francese?”; altre sono rivolte ai bambini: “Voi non capite questo?”; “Voi pregate bene?”; “Non avete mai visto del grano guasto?”; e infine una domanda diretta a Massimino: “Ma tu, bambino mio, devi averlo [grano guasto] visto?”. Tutte queste domande le pone Colei che conosce perfettamente il destino dell’uomo sulla terra. Lei sa come sia difficile essere riconciliati con il mondo colpito dal peccato dell’uomo.

Non sappiamo di sicuro come questo avvenga, ma nel Cielo Maria si prende cura di noi sull’esempio del Padre Eterno – santo e perfettissimo. Si può stare in cielo ed essere personalmente felici, ma non è possibile non preoccuparsi affatto del destino di quelli che stanno ancora sulla terra. Il Dio Incarnato, la Sua Madre e tutti i Santi conoscono l’esperienza della vita sulla terra e sanno che si deve costantemente lottare per la salvezza eterna, contrastando il male.

Possiamo anche supporre che la Madonna incessantemente interceda per noi davanti al trono di Dio, affinché Egli non cessi di avere pietà di noi. Ella incessantemente chiede al Figlio di misurare il rimedio della grazia, affinché noi non disperiamo e non ci scoraggiamo. Ella sa che il Figlio non vuole punire nessuno, ma Gli chiede di comportarsi affettuosamente con noi che siamo tanto restii a convertirci, perché inconsapevoli di quei beni che Gesù ha promesso. Le apparizioni di Maria sulla terra sono un esempio della grande cura della Madre per tutti i suoi figli – fratelli e sorelle del Suo Figlio Gesù. Lei viene – probabilmente dopo le ardenti preghiere rivolte a Dio – per farci aderire a Lui. L’atteggiamento di Dio, lo possiamo sintetizzare in una frase tratta dalla parabola del ricco e Lazzaro: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi” (Lc 16,31). Però Maria fa un’eccezione: Lei non è morta, Lei è stata assunta in Cielo!

Forse per questo Lei ha il diritto e il permesso da Dio di venire a noi e invitarci a perseverare nel vivere il Regno di Dio già qui, sulla terra, malgrado l’esistenza del peccato e del male.

Flavio Gilio MS

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

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Settimo giorno – il cammino verso la giustizia

Gennaio 2021

Domenica – dono di Dio a tutta l’umanità

Messaggio di Maria: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”.

Maria non parla da sola o a se stessa, lo fa partecipando alla missione di suo Figlio, Redentore del mondo. Come Serva del Signore, Maria utilizza le parole che esprimono la volontà di Dio di voler vedere gli uomini prendere sul serio i loro doveri di culto e adorazione del suo nome. Quando parla di sei giorni, ci ricorda la nostra missione di partecipare all’azione creativa attraverso il lavoro. Maria ci ricorda che il settimo giorno appartiene a Dio. Il settimo giorno che Maria ci ricorda non è quello degli ebrei che celebrano il ​​sabato, come affermato nel Pentateuco, ma la domenica, il giorno in cui il Signore ha voluto liberarci dalle battute d’arresto del lavoro, dal circolo vizioso della produzione e del consumismo, per renderci consapevoli che siamo persone libere, dotate di una libertà che è il dono di Dio. Il settimo giorno diventa un giorno di giustizia. Ricordiamo che il termine “giustizia” appare nella Bibbia in contesti diversi e con sfumature che ne indicano di volta in volta un significato. Nel Libro della Genesi (Gn 15,6), troviamo il passaggio in cui si dice che Abramo “credette nel Signore, che lo accreditò come giustizia”. 

“Giustizia” è la parola che nella predicazione dei profeti esprime in modo più significativo gli atteggiamenti dell’uomo chiamato alla solidarietà responsabile e alla condivisione fraterna nei confronti di coloro che, nella società di oggi, sono emarginati, deboli, prigionieri, indifesi e stranieri. Gesù dichiara la felicità di coloro che sostengono la giustizia: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia” (Mt 5,6). L’uomo diventa giusto dal momento in cui si rende disponibile a Dio ascoltando e osservando la parola proprio come accadde con i profeti, con Maria e con Giuseppe, il suo castissimo sposo, che nel Vangelo di San Matteo è chiamato “uomo giusto” (1,19). Facendo appello per il settimo giorno, Maria ci ricorda che siamo “i suoi figli in Cristo”; ci rivela l’unione intima della Madre con il Figlio, la partecipazione alla sua regalità; ci mostra che questo è il giorno della nostra giustizia davanti a Dio perché ci riuniamo per ascoltare la parola e per spezzare il pane (Atti 20,7-12). Maria ci chiede oggi più che mai di tornare alla sottomissione a suo figlio. Non sottomettersi a Cristo, dice la Madre in lacrime, “è ciò che rende pesante il braccio di mio Figlio”. 

Il creato: dono per lavorare, contemplare e gioire 

Quando Dio creava il mondo, nei primi tre giorni chiamava all’esistenza gli ambienti cosmici e terreni. Poi, negli altri tre giorni, adornava questi ambienti, terminando il sesto giorno con la creazione dell’uomo: maschio e femmina. Nel settimo giorno riposò. Questo, però, non era un riposo di Dio che si era stancato con l’opera della creazione, bensì era il riposo di Dio che voleva godersi le meraviglie che aveva creato. Alla creazione si possono attribuire tutte le qualità trascendenti individuate da San Tommaso (la bellezza, la bontà e la verità): l’Universo e la Terra sono bellissimi, verissimi e perfettamente armonizzati.

E se i giorni della creazione indicano le tappe del tempo, non necessariamente di 24 ore ciascuno, allora l’ultimo giorno – la settima tappa – può durare fino alla fine del mondo. Perché c’è tanto da ammirare!

In questo contesto affiora la parola della Bella Signora nel Messaggio: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”. Se interpretiamo questo rimprovero da parte di Maria nel contesto del riposo, inteso come ammirazione, allora sarebbe giusto rievocare qui quel canto di lode che Ella ha cantato per le meraviglie di Dio compiute nella sua vita, il Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.

Sarebbe molto ingiusto, se noi considerassimo quel giorno soltanto come l’obbligo di partecipare alla Santa Messa domenicale. Dimentichiamo così che questo è il giorno della gioia riconoscente, condivisa con Dio nell’ammirazione della settimana passata, dell’esistenza del mondo di Dio e della nostra partecipazione in quel tempo. In virtù della grazia di Gesù siamo in grado di respingere la funesta impressione che la vita sia brutta e piena di fatiche a causa dai nostri peccati, nonché possiamo contemplare e ammirare la bellezza, la bontà e la verità che abbiamo sperimentato nei sei giorni passati.

Dio continua a fare “grandi cose” nella vita quotidiana di ciascuno di noi. Se non intravediamo quell’aspetto della nostra vita sulla Terra, allora non conosceremo neanche il motivo della nostra partecipazione alla Santa Messa domenicale.

Maria che era andata da Elisabetta per condividere la gioia della concezione del Figlio di Dio, vuole anche condividere la stessa gioia con ciascuno di noi. Vuole aiutarci a cantare con gioia come figli di Dio, consapevoli della verità, della bontà e della bellezza che provengono da Dio.

Cominciamo, quindi, a riposare nell’ammirazione del Dio misericordioso, il quale non si scoraggia per il fatto che noi continuiamo a non sapere come comportarci la domenica. Seguiamo l’esempio di Maria e in ogni Eucaristia domenicale, insieme a Lei, rendiamo omaggio a Dio, che Gli è giustamente dovuto.

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

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Settimo giorno – il cammino verso la giustizia

Gennaio 2021

Domenica – dono di Dio a tutta l’umanità

Messaggio di Maria: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”.

Maria non parla da sola o a se stessa, lo fa partecipando alla missione di suo Figlio, Redentore del mondo. Come Serva del Signore, Maria utilizza le parole che esprimono la volontà di Dio di voler vedere gli uomini prendere sul serio i loro doveri di culto e adorazione del suo nome. Quando parla di sei giorni, ci ricorda la nostra missione di partecipare all’azione creativa attraverso il lavoro. Maria ci ricorda che il settimo giorno appartiene a Dio. Il settimo giorno che Maria ci ricorda non è quello degli ebrei che celebrano il ​​sabato, come affermato nel Pentateuco, ma la domenica, il giorno in cui il Signore ha voluto liberarci dalle battute d’arresto del lavoro, dal circolo vizioso della produzione e del consumismo, per renderci consapevoli che siamo persone libere, dotate di una libertà che è il dono di Dio. Il settimo giorno diventa un giorno di giustizia. Ricordiamo che il termine “giustizia” appare nella Bibbia in contesti diversi e con sfumature che ne indicano di volta in volta un significato. Nel Libro della Genesi (Gn 15,6), troviamo il passaggio in cui si dice che Abramo “credette nel Signore, che lo accreditò come giustizia”. 

“Giustizia” è la parola che nella predicazione dei profeti esprime in modo più significativo gli atteggiamenti dell’uomo chiamato alla solidarietà responsabile e alla condivisione fraterna nei confronti di coloro che, nella società di oggi, sono emarginati, deboli, prigionieri, indifesi e stranieri. Gesù dichiara la felicità di coloro che sostengono la giustizia: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia” (Mt 5,6). L’uomo diventa giusto dal momento in cui si rende disponibile a Dio ascoltando e osservando la parola proprio come accadde con i profeti, con Maria e con Giuseppe, il suo castissimo sposo, che nel Vangelo di San Matteo è chiamato “uomo giusto” (1,19). Facendo appello per il settimo giorno, Maria ci ricorda che siamo “i suoi figli in Cristo”; ci rivela l’unione intima della Madre con il Figlio, la partecipazione alla sua regalità; ci mostra che questo è il giorno della nostra giustizia davanti a Dio perché ci riuniamo per ascoltare la parola e per spezzare il pane (Atti 20,7-12). Maria ci chiede oggi più che mai di tornare alla sottomissione a suo figlio. Non sottomettersi a Cristo, dice la Madre in lacrime, “è ciò che rende pesante il braccio di mio Figlio”. 

Il creato: dono per lavorare, contemplare e gioire 

Quando Dio creava il mondo, nei primi tre giorni chiamava all’esistenza gli ambienti cosmici e terreni. Poi, negli altri tre giorni, adornava questi ambienti, terminando il sesto giorno con la creazione dell’uomo: maschio e femmina. Nel settimo giorno riposò. Questo, però, non era un riposo di Dio che si era stancato con l’opera della creazione, bensì era il riposo di Dio che voleva godersi le meraviglie che aveva creato. Alla creazione si possono attribuire tutte le qualità trascendenti individuate da San Tommaso (la bellezza, la bontà e la verità): l’Universo e la Terra sono bellissimi, verissimi e perfettamente armonizzati.

E se i giorni della creazione indicano le tappe del tempo, non necessariamente di 24 ore ciascuno, allora l’ultimo giorno – la settima tappa – può durare fino alla fine del mondo. Perché c’è tanto da ammirare!

In questo contesto affiora la parola della Bella Signora nel Messaggio: “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere”. Se interpretiamo questo rimprovero da parte di Maria nel contesto del riposo, inteso come ammirazione, allora sarebbe giusto rievocare qui quel canto di lode che Ella ha cantato per le meraviglie di Dio compiute nella sua vita, il Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.

Sarebbe molto ingiusto, se noi considerassimo quel giorno soltanto come l’obbligo di partecipare alla Santa Messa domenicale. Dimentichiamo così che questo è il giorno della gioia riconoscente, condivisa con Dio nell’ammirazione della settimana passata, dell’esistenza del mondo di Dio e della nostra partecipazione in quel tempo. In virtù della grazia di Gesù siamo in grado di respingere la funesta impressione che la vita sia brutta e piena di fatiche a causa dai nostri peccati, nonché possiamo contemplare e ammirare la bellezza, la bontà e la verità che abbiamo sperimentato nei sei giorni passati.

Dio continua a fare “grandi cose” nella vita quotidiana di ciascuno di noi. Se non intravediamo quell’aspetto della nostra vita sulla Terra, allora non conosceremo neanche il motivo della nostra partecipazione alla Santa Messa domenicale.

Maria che era andata da Elisabetta per condividere la gioia della concezione del Figlio di Dio, vuole anche condividere la stessa gioia con ciascuno di noi. Vuole aiutarci a cantare con gioia come figli di Dio, consapevoli della verità, della bontà e della bellezza che provengono da Dio.

Cominciamo, quindi, a riposare nell’ammirazione del Dio misericordioso, il quale non si scoraggia per il fatto che noi continuiamo a non sapere come comportarci la domenica. Seguiamo l’esempio di Maria e in ogni Eucaristia domenicale, insieme a Lei, rendiamo omaggio a Dio, che Gli è giustamente dovuto.

Eusébio Kangupe MS

Karol Porczak MS

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ROSARIO INTERNAZIONALE

Uniti nella preghiera

“Pregate bene, figli miei?…”

“Ah! Figli miei, dobbiamo proprio farlo…”

La domanda e la richiesta che la Bella Signora fa a Maximino e Melania vuole ricordare a tutti noi che una solida spiritualità è quella che si radica nella vita e nella Parola di Dio e inizia con la pratica della preghiera personale. La preghiera è un impegno quotidiano nella vita del laico salettino.

Stiamo vivendo l’Anno Mariano che ci prepara alla celebrazione del 175° anniversario dell’Apparizione della Madonna a La Salette. Motivati ​​dalla gioia per questo tempo di preparazione e illuminati dalla richiesta della Bella Signora, i Laici Salettini dell’Italia e dell’Argentina-Bolivia hanno avuto la bella idea di proporre la realizzazione del “Rosario Internazionale” in altre lingue, come momento di comunione e condivisione per l’intera Famiglia Carismatica Salettina.

Ma come fare per riunire i membri di questa Famiglia, se si trovano in posti così diversi del pianeta? La risposta è arrivata in questo tempo di pandemia perché, se è vero che la pandemia ci ha costretti a prendere le distanze dalle attività sociali e ad annullare le attività in presenza, ci ha anche portato a guardare più da vicino le possibilità che la tecnologia ci offre, come le applicazioni per le riunioni e le riunioni online tramite computer o telefono cellulare.

Il Rosario Internazionale si svolge attraverso una di queste applicazioni il primo sabato del mese. Partecipano i laici salettini e i missionari di 10 paesi e ogni mese un paese è invitato ad animare l'incontro di preghiera. La recita del rosario è divisa tra i paesi che pregano in 6 lingue diverse: spagnolo, francese, italiano, inglese, polacco e portoghese. Tre sono le intenzioni per le quali preghiamo sempre: la missione di Papa Francesco, perché così ci uniamo a tutta la Chiesa; il superamento della pandemia di Covid-19 che colpisce tutti i paesi e la cura dell'ambiente che è la causa comune di tutti i laici salettini.

Anche la questione dell'orario doveva essere considerata, dal momento che i partecipanti si trovano in 8 fusi orari diversi. In Brasile, il Rosario si celebra a mezzogiorno, alle 9.00 negli Stati Uniti, alle 23.00 nelle Filippine e in Europa alle 16.00

È vero che, nel corso del collegamento, possono sorgere alcuni problemi. La connessione ad Internet può non riuscire e possono esserci alcune difficoltà di comunicazione ma lo spirito di preghiera, fraternità e appartenenza alla Famiglia Carismatica Salettina supera tutto.

Il Rosario viene trasmesso anche attraverso Facebook sulla pagina “Rosario Internazionale”.

Siamo tutti invitati!

Vilmari Aparecida Pedrozo (Brasile)

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