Articoli filtrati per data: Ottobre 2017

IV° Incontro Europeo Laici de La Salette
Santiago de Compostela (Spagna) – 5/9 Settembre 2017
“Pellegrinaggio come incontro tra i popoli”

Dal 5 al 9 settembre si è tenuto a Santiago di Compostela (Spagna) il IV° Incontro Europeo dei Laici Salettini dal titolo: “Pellegrinaggio come incontro fra i popoli”. Eravamo una cinquantina provenienti dalla Francia, dalla Polonia, dalla Svizzera, dalla Spagna, noi italiani in dieci, due da Torino e otto da Roma. Ogni delegazione era accompagnata dal proprio Assistente, noi da Padre Heliodoro. Era presente anche Padre Enrico in qualità di responsabile europeo dei Laici Salettini. Siamo stati alloggiati al Centro Europeo Giovanni Paolo II di accoglienza dei pellegrini “Polskie Albergue” gestito dai Missionari Salettini polacchi. L’ostello sorge nelle vicinanze del Monte do Gozo, che significa Monte della Gioia o della Felicità, perché è l’ultima sosta che fanno i pellegrini che percorrono il Cammino di Santiago e perché, da questa collina, per la prima volta,vedono le tre guglie della Cattedrale che dista circa un’ora di cammino. Il Monte do Gozo è noto anche per il discorso che Papa Giovanni Paolo II ha tenuto, nell’agosto del 1989 ad oltre 600.000 partecipanti alla IV° Giornata Mondiale della Gioventù.

Il programma del nostro incontro era molto intenso ed interessante.
Il dott. Pierluigi Dovis, direttore della Caritas dell’Arcidiocesi di Torino ha tenuto due conferenze. Nella prima dal titolo: “Incontro tra popoli, culture,religioni: le sfide poste ai laici cristiani salettini in Europa”, ha fatto una accurata e precisa lettura ed analisi dei fattori che caratterizzano questo nostro secolo della transizione e gli elementi che ne determinano la crisi e che, soprattutto per l’Europa, causano un declino su più versanti: culturale, sociale e religioso”.
Nella seconda: “Accoglienza dell’altro e del diverso: elementi per una spiritualità della riconciliazione” dove, partendo dalle radici bibliche dell’accoglienza, ha evidenziato il comportamento di Gesù e la Sua disponibilità a lasciarsi accogliere e ad accogliere tutti in quanto esseri umani,senza prevenzioni e pregiudizi e quale dovrebbe essere lo stile dell’accoglienza alla luce del Messaggio.
Importante è stata anche la presenza di Padre Silvano, Superiore Generale, che ci ha fatto una interessantissima lezione sulla storia della Congregazione dei Missionari de La Salette in Europa: le traversie e le difficoltà che la Congregazione ha dovuto superare nel tempo, testimoniano la particolare e tangibile protezione della Santa Vergine.

Altrettanto appropriato, e quanto mai attuale , è stato l’intervento di Padre Roman su “Il cammino di Santiago e la costruzione dell’Europa”. Ogni conferenza era seguita dalle inevitabili domande e discussioni.
Breve ma significativa è stata la visita di Padre GianMatteo in qualità di Superiore della Provincia Italia-Spagna organizzatrice dell’incontro.
Non abbiamo però solo ascoltato, discusso e pregato.
Mercoledì 6 siamo intervenuti al “Santiago by nigth” dove abbiamo assistito alla folkloristica esibizione degli studenti universitari che, sotto i portici antistanti la Basilica ed in costume medioevale, cantavano stornelli ,canzoni e che allegramente ci invitavano ad unirci alla loro danze ed ai loro girotondi.

Giovedì 7 siamo andati a Siador che è il primo Santuario dedicato alla Vergine de La Salette in Spagna. Siamo stati calorosamente accolti da quella comunità, guidata da Padre Comeaù, ed insieme abbiamo celebrato la Messa pregando ognuno nella propria lingua. Poi ci è stata offerta una graditissima cena tipica della Galicia, a base di polpo e carne lessa, naturalmente accompagnata da vinello locale.
Venerdì 8, abbiamo raggiunto, a piedi ed in spirito di pellegrinaggio, la Cattedrale dove abbiamo partecipato all’Eucarestia del Pellegrino con la classica offerta all’Apostolo Santiago e la famosa e tradizionale oscillazione del botafumerio. Nel pomeriggio, mentre ci dirigevamo verso il promontorio del “Finis Terrae” abbiamo fatto una divertentissima fermata per mettere… i piedi a bagno nell’oceano Atlantico.
Con la Messa del mattino di sabato 9 ed una riunione sulle speranze, prospettive e programmi per i prossimi anni si sono conclusi questi quattro giorni vissuti in un clima di fraternità, accoglienza, amicizia, condivisione ed allegria che nemmeno la barriera delle lingue è riuscita a mitigare.
Ci siamo lasciati a malincuore, con la speranza di rivederci fra due anni e con una grande spinta per andare avanti, sempre più impegnati a vivere ed a fare conoscere quel meraviglioso Messaggio che la Santa Vergine, a La Salette, ci ha lasciato.
Ginetta

 

santiago2

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Mercoledì, 11 Ottobre 2017 07:28

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 14/14

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 14
Andiamo figli miei…
La Vergine a La Salette termina, in modo quasi identico a quanto riportato dagli evangelisti a proposito della Missione che Gesù affida ai suoi Apostoli: “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28, 19). Non solo, ma Maria aggiunge “Andiamo” rassicurando i ragazzi del suo aiuto e della sua presenza, come ha detto lo stesso Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Questo “andiamo” è inteso anche come una esortazione di Maria ad affrettarsi a fare conoscere il suo messaggio, a non perdere tempo. Si lega inoltre all’episodio della terra di Coin per rafforzare la dimostrazione che Dio è presente nella vita di ognuno di noi.
Fa riflettere il fatto che la Madonna, regina del cielo e della terra, affidi a due ragazzini sprovveduti un compito simile a quello degli apostoli: trasmettere la Buona Novella al suo “popolo”, cioè all’umanità intera. La Bella Signora non chiede ai bambini se sono disposti, se ne hanno voglia ma dice e precisa, quasi perentoria “andate”, “fatelo conoscere”. Come sono piccoli quei due bambini di fronte al “suo popolo”, eppure lo faranno!
Come i pescatori del lago…
Andare vuol dire anche “lasciare”, “allontanarsi” da qualcosa e da qualcuno per seguire chi veramente ne vale la pena, come, per esempio, hanno fatto i pescatori del lago.
Andare verso gli altri non aspettare che gli altri vengano da noi. Questo è il motto che caratterizza il pontificato di Papa Francesco ed è ciò che, a La Salette, la Vergine ci chiede di fare, ci chiede di uscire dai nostri piccoli ambienti per annunciare.
Ma noi preferiamo stare ad “aspettare” pensando che forse non siamo ancora pronti, preparati a sufficienza… che siamo impegnati con la famiglia, nel lavoro ecc. che non abbiamo le scarpe comode per andare… Quante scuse per paura di rischiare di perdere quel bagaglio di autostima che ci portiamo appresso… La Vergine non ha detto ai bambini aspettate che si muovano i “grandi” e poi dopo farete voi. Ma li ha mandati in prima linea, allo sbaraglio o meglio “come agnelli tra i lupi”.
Di andare non si deve smettere mai semplicemente perché non si arriva mai… il popolo di Dio è grande, ma 12 pescatori ignoranti, guidati dallo Spirito Santo, lo hanno rivoluzionato.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Mercoledì, 11 Ottobre 2017 07:27

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 13/14

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 13
La terra di Coin
Il cosiddetto episodio della terra di Coin è uno dei passi più lunghi e significativi del Messaggio di Maria a La Salette per l’importanza e l’efficacia dei contenuti evocati dal susseguirsi della narrazione.
Alla domanda che la Vergine rivolge ai due bambini: “Avete mai visto il grano guasto?” rispondono “No, Signora…”. Probabilmente avremmo risposto così anche noi. Alcuni ragazzi delle nostre città non hanno nemmeno mai visto il grano sano, figurarsi quello guasto. Il grano guasto non lo si conserva, lo si butta via, non serve: è il simbolo della carestia.
Oggi assistiamo non solo ad una povertà materiale ma anche alla perdita di valori morali e al diffondersi di un forte disagio sociale. Alla carestia naturale si assomma un problema di speculazione, di disonesta distribuzione delle risorse, di sfruttamento della manodopera fino al punto da ledere la dignità umana. E’ una crisi procurata da una minoranza incurante del prossimo. Il grano sano è segno di abbondanza e di grazia. Il grano, trasformato in pane, quando diventa il Corpo stesso di Cristo è l’alimento dell’anima. Ma noi guastiamo questo pane quando nell’Eucarestia lo riceviamo distrattamente o per abitudine, quando facciamo cadere in polvere quest’immenso dono che Gesù ci fa. Questo è il grano guasto della nostra anima. Gesù è molto attento al pane. Nel miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dopo averlo fatto distribuire a tutti ne fa accuratamente raccogliere gli avanzi “perché nulla vada perduto” (Gio 6, 12). D’altra parte Gesù nasce in un paese, Betlemme, che in ebraico vuol dire “casa del pane”. Senza pane l’uomo muore, “indispensabile per la vita è il pane” (Sir 29, 21). Come tutti gli esseri viventi l’uomo ha bisogno di cibarsi, non è autonomo ma dipende dai prodotti della terra. L’uomo per sua natura teme la morte, ma Gesù lo rassicura offrendo se stesso: “Io sono il pane vivo, disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gio 6, 51). Il cristiano, il discepolo di Cristo, ha la vita eterna assicurata, garantita dalla fede. Altro che grano guasto… Massimino non ricorda di avere visto il grano guasto e dà una risposta immediata. E’, come molti di noi, distratto, superficiale, irriflessivo, vive con non curanza. La Vergine, con estrema dolcezza, lo fa riflettere e dice una delle più belle e commoventi frasi di tutto il Messaggio. Ricorda un episodio banale ed insignificante della vita del ragazzo: “Ma tu figlio mio, certamente una volta lo hai visto con tuo padre, nel campo di Coin. Il padrone del campo disse a tuo padre di andare a vedere il grano guasto. Ci andaste tutti e due, tuo padre prese in mano due o tre spighe, le stropicciò e tutto cadde in polvere”.
Il padre di Massimino faceva il falegname a da anni non frequentava la Chiesa. Incredulo di quanto accaduto al figlio, condivideva con alcuni paesani i motti di derisione indirizzati al ragazzo. Ma quando questi gli raccontò ciò che la Vergine aveva minuziosamente descritto del loro viaggio a Coin si rese conto della straordinarietà dell’evento e si convertì. La Vergine continua il suo racconto: “al ritorno quando eravate a mezz’ora da Corps tuo padre ti diede un pezzo di pane dicendoti: Prendi, figlio mio, mangia ancora del pane per quest’anno, perché non so chi ne mangerà l’anno prossimo se il grano continua in questo modo”. Quel pezzo di pane dato a Massimino rappresenta le preoccupazioni e le ansie di tutti i genitori del mondo nei confronti dell’avvenire dei figli, che, soprattutto oggi, vivono nella superficialità religiosa e nella precarietà sia sociale che lavorativa e si sentono privati della speranza nel futuro. Il signor Giraud, padre di Massimino, si converte nel momento in cui si rende conto che la Vergine testimonia che Dio vive con noi ogni momento della nostra esistenza, non solo è presente ma con-divide con ciascuno gli avvenimenti della realtà quotidiana. L’episodio della terra di Coin è la dimostrazione che viviamo alla presenza di Dio al quale dobbiamo affidarci totalmente ed abbandonarci alla sua tenerezza. Lasciamoci allora guardare da Dio, anzi cerchiamo di conquistare il suo sguardo. Quale rivoluzione ci sarebbe nel mondo se ogni persona si rendesse conto di vivere sotto lo sguardo di Dio! Chiediamo aiuto a Maria e non stanchiamoci di ripetere: “Rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi e mostraci dopo questo esilio Gesù”.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Mercoledì, 11 Ottobre 2017 07:23

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 12/14

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 12
“In Quaresima vanno in macelleria come cani”
Sono parole dure queste usate da Maria nella sua apparizione a La Salette. Dopo essersi riferita a chi lavora la domenica e va a Messa solo per burlarsi della religione, come se non bastasse, aggiunge: “in Quaresima vanno in macelleria come cani”. Ancora una volta la Vergine si rifà alla Scrittura dove il termine “cane” era usato in senso dispregiativo per indicare i non ebrei. San Paolo stigmatizza come cani coloro che rifiutano la nuova alleanza in Cristo (cfr Fil 3, 2).
Maria in modo accorato si riferisce a chi non obbedisce alle indicazioni della Chiesa. “I precetti della Chiesa... danno una linea di vita morale che si aggancia alla vita liturgica e di essa si nutre.
Il carattere obbligatorio di tali legge positive promulgate dalle autorità pastorali, ha come fine di garantire ai fedeli il minimo indispensabile nello spirito di preghiera e nell’impegno morale, nella crescita dell’amore di Dio e del prossimo” (CCC 2041).
Molti cristiani purtroppo non ottemperano più a questi doveri e, in particolare, all’astinenza e al digiuno, penitenze nelle quali è coinvolta la totalità della persona in corpo e spirito. Non sono forme di disprezzo del corpo ma diventano mezzi per fortificare lo spirito e renderlo, nello spontaneo dono di sé, capace di potenziare la stessa sua corporeità. Dono non di una rinuncia ma di una conquista.
Per il popolo di Israele la pratica del digiuno ha sempre rappresentato un modo per esprimere la fede nell’unico vero Dio e per manifestare la presa di coscienza del proprio peccato e quindi il pentimento, la conversione e l’espiazione. Di fronte a momenti difficili per implorare l’aiuto divino venivano proclamati digiuni solenni ai quali aderiva l’intera comunità.
Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto e vince le tentazioni. “Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4).
Il digiuno quaresimale
Il digiuno quaresimale è una prassi antica in uso nella Chiesa e definita fin da IV secolo. La Chiesa ci indica quali sono i tempi per la pratica dell’astinenza ossia tutti i venerdì nonché il mercoledì delle ceneri in ricordo della passione e morte di nostro Signore.
La Vergine si rammarica perché proprio quando maggiormente dovremmo sentirci partecipi delle sofferenze di Cristo e riflettere sulle nostre colpe usiamo il cibo che facciamo diventare da necessità a mezzo di peccato. La prassi della penitenza dovrebbe diventare una coerente risposta ed una testimonianza di adesione concreta e libera ai suggerimenti della Chiesa. Si va sempre più diffondendo tra i cristiani praticanti l’uso di devolvere alle opere parrocchiali (Caritas) l’equivalente in denaro degli alimenti non consumati. Il digiuno, per acquistare valore, deve essere sempre legato alla preghiera, alla carità e alla meditazione della parola di Dio, altrimenti diventa un atto di pedissequa e formale obbedienza.
Pietro Crisologo dice: “preghiera, digiuno, misericordia sono una cosa sola e ricevono vita uno dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte tre insieme non ha niente. Perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia” (Discorso 43).
Astinenza
Ai tempi dell’apparizione della Vergine a La Salette la dieta dei poveri contadini non prevedeva un grande uso di carne: l’astinenza era una costante, quindi era ancora più colpevole ed in mala fede chi dileggiava il precetto.
La Chiesa viene incontro alle esigenze dei tempi moderni e permette di sostituire l’astenersi dalle carni (tranne che per i venerdì di Quaresima e, ovviamente, per il venerdì santo nel quale è obbligatorio anche il digiuno) con atti di carità e preghiere. Ciò non vuole assolutamente dire che il precetto è stato abolito. Cerchiamo, dunque di rispettarlo in casa, al bar, al ristorante e di cogliere ogni occasione per ricordarlo e testimoniarlo.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Mercoledì, 11 Ottobre 2017 07:20

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 11/14

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 11
La Messa nel giorno del Signore
“D’estate a Messa vanno solo alcune donne anziane. Gli altri lavorano di domenica tutta l’estate. D’inverno, quando non sanno che fare, vanno a Messa ma solo per burlarsi della religione”
La Vergine, nel suo Messaggio a La Salette, ritorna due volte sul “giorno del Signore”. Prima parla del riposo nell’unico giorno che si è riservato, ora della partecipazione alla Messa. Come a dire che non basta astenersi dal lavorare ma bisogna celebrare se si vuole santificare la festa. Ancora una volta unisce l’Antico con il Nuovo Testamento. “Il precetto della Chiesa definisce e precisa la legge del Signore: la domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa. Soddisfa il precetto chi vi assiste dovunque venga celebrato nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa o nel vespro del giorno precedente… Coloro che deliberatamente non ottemperano questo obbligo commettono un peccato grave.. I fedeli partecipando alla Messa attestano la loro comunione nella fede e nella carità. Essi testimoniano al tempo stesso la santità di Dio e la loro speranza nella salvezza” (cfr CCC 2180, 2181, 2182).
La Vergine nel 1846 dice che a Messa vanno solo alcune donne anziane.
Purtroppo oggi la partecipazione è quanto mai bassa. Da una recente statistica del CENSIS risulta che il 57,8% degli italiani si dichiara cattolico praticante, ma che solo il 21,4% va a Messa settimanalmente e che il 30,8% di questi ha oltre 64 anni. Ma c’è di peggio: se i cristiani praticanti sono in vacanza a Messa va solo il 15,5%. Questo vuol dire che ci sono cristiani che considerano il partecipare alla Liturgia domenicale una cosa di secondaria importanza della quale si può fare tranquillamente a meno, anteponendole impegni occasionali.
Come è possibile dichiararsi cristiano praticante se non si va a Messa almeno una volta a settimana! Che razza di cristiani siamo se non celebriamo l’Eucarestia il giorno della Resurrezione di Cristo!
E’ l’Eucarestia che fa la domenica
Fermiamoci e riflettiamo togliendoci di dosso il torpore dell’abitudine e chiediamoci quali sono i veri motivi che dovrebbero spingerci ad andare a Messa la domenica:
- perché ci sentiamo chiamati, invitati, attesi da Cristo;
- per nutrirci del Corpo di Cristo e lasciarci plasmare dallo Spirito Santo;
- per ringraziare, lodare e chiedere perdono;
- per sentirci parte viva della Chiesa Parrocchiale e Universale;
- per sensibilizzarci ai problemi e alle necessità degli altri;
- per imparare a testimoniare la pace e la gioia della nostra fede.
Chiediamoci anche a quante Messe abbiamo partecipato distrattamente, annoiati o in modo superficiale. Messe che, pertanto, non hanno dato il frutto che avrebbero dovuto, che non ci hanno aiutato a progredire nella vita cristiana: sono fonti che abbiamo lasciato inaridire.
La Vergine piange perché siamo così sciocchi da sprecare questa grazia, questo dono di Dio.
Burlarsi della religione
La Madonna dice ai due pastorelli che ci sono persone che si burlano della Religione. Forse mai nella storia dell’umanità c’è stato un periodo in cui si manca di rispetto al sacro, nei suoi valori fondamentali e nelle sue varie espressioni, come oggi. Si deride e si offende la religione, i suoi ministri, i suoi rappresentanti, i suoi sacramenti in nome della individuale libertà di pensiero e di espressione.
Esiste una vera e propria campagna denigratoria nei confronti della Chiesa e del suo agire senza minimamente tenere conto di quell’immenso serbatoio di umanità e carità che la caratterizza. La Chiesa è composta da uomini e donne che, come tutti, possono commettere errori, fare scelte sbagliate e pertanto diventare occasione di critiche, di dileggi e di facile ironia; dovremmo, invece, solo pregare per il loro ravvedimento e raccomandarli alla misericordia di Dio. Ci consola ricordare che se c’è stato un apostolo che ha tradito ve ne sono stati altri undici fedeli.
Preghiamo la Vergine de La Salette che ci aiuti ad essere sempre testimoni del rispetto che portiamo per la nostra religione e dell’amore per la nostra Chiesa che si raduna attorno a Cristo ed è unificata in Lui, nel suo Corpo. “E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra, se un membro è onorato ne gioiscono con esso tutte le altre membra” (CCC 791).

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Giovedì, 05 Ottobre 2017 07:31

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 10/14

Invito alla preghiera
“Fate bene la vostra preghiera, figli miei?”
E’ una domanda semplice che Maria, a La Salette, come solo una mamma premurosa può fare, rivolge a Massimino e Melania. E loro senza imbarazzo rispondono la verità: “Non sempre, Signora”. E’ la domanda che Maria fa oggi ad ognuno di noi: “e tu preghi?” E’ il richiamo di Maria alla preghiera personale, Lei che è stata sempre abituata a custodire e meditare tutti gli avvenimenti di cui è stata partecipe sa, meglio di chiunque, quanto è importante la preghiera. Pregare è rispondere all’amore di Dio, è andare alla ricerca di Dio, è riconoscere che siamo suoi figli, sue creature, è prendere coscienza che Dio ci ascolta.
Quando l’uomo si desta dal suo delirio di onnipotenza e prende coscienza dei suoi limiti e della sua vulnerabilità, sente la necessità di pregare e questo avviene in tutti i popoli e per tutte le religioni. Preghiamo quando le cose vanno bene per ringraziare e per chiedere soccorso quando vanno male.
Gli Apostoli stessi che vedevano il rapporto diretto esistente tra la straordinaria vita di Gesù e la sua profonda e costante preghiera gli hanno chiesto: “insegnaci a pregare” e Gesù lo ha fatto recitando quel capolavoro che è il Padre Nostro.
Maria ripete l’affettuoso “figli miei” ed aggiunge “bisogna proprio farla sera e mattino”. Quel bisogna colpisce.
Vivere senza pregare vuol dire non saper adoperare questo “dono” che può salvare il mondo. Bisogna desiderare di pregare e farlo, perché solo pregando si impara a pregare, ma… noi non abbiamo tempo! In realtà non manca il tempo ma la “condizione” per trovarlo.
A Dio che è il padrone del tempo dedichiamo solo qualche breve momento della nostra giornata.
E’ triste pensare che il frenetico ritmo in cui viviamo ci porti a diventare schiavi del tempo, a non riuscire a gestire e santificarne nemmeno una piccola parte da dedicare a Dio considerandolo una perdita di tempo.
Quando potete ditene di più
Spesso ci manca la capacità di rimanere soli per riflettere, per trovare Dio dentro noi stessi ed inserirLo nel quotidiano. Si è soliti dire che la preghiera santifica il tempo. La Vergine a La Salette ci dice perfino quando dobbiamo farla: “sera e mattino”. Lei stessa ci scandisce il tempo come fatica e riposo, come svegliarsi e dormire e, come vivere e morire perché senza preghiera si muore dentro.
La Madonna a La Salette non chiede grandi preghiere ma si accontenta solo di un “Pater ed un’Ave”, dell’essenziale. Chiede di pregare rivolgendosi a Lei, dimostrando così il suo amore e la sua potenza. Non per niente la chiamiamo: Virgo potentissima e Auxilium christianorum. La Vergine si accontenta di poco ma ci dice anche che: “quando potete fare meglio ditene di più”. Ma come pregare? Ci risponde il Vangelo: “Quando preghi entra nella tua camera e chiudi la porta, prega il Padre nel tuo segreto” (Mt 5, 6): Pregare sempre nel segreto del proprio cuore per rimanere uniti a Dio e trasformare tutta la vita in preghiera.
San Paolo dice che i fedeli a volte non sanno cosa sia utile chiedere perché si attui la volontà del Padre, ma lo Spirito suggerisce ciò che è più conveniente (cfr RM 8, 26-27). Le nostre preghiere devono essere fatte con l’umiltà di chi sente la necessità di ringraziare, di essere riconoscente. Purtroppo siamo usi pregare per chiedere ma poco per lodare e ringraziare Dio per tutto ciò che ci ha donato.
San Francesco pregava chiedendo”fede retta, speranza certa, carità perfetta, umiltà profonda, sapienza e discernimento”.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Giovedì, 05 Ottobre 2017 07:24

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 9/14


“Se si convertono le pietre e le rocce diventeranno mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi”
La Vergine a La Salette, con questo “SE”, ci mette di fronte a tutta la nostra responsabilità e continua la costante esortazione che percorre tutto l’Antico ed il Nuovo Testamento che si sintetizza nel “convertitevi”. Maria piange sulle nostre sciagure e ci indica l’unico modo per ristabilire il rapporto con il Padre e non restare soffocati dalle nostre miserie. Nel giardino in Eden tutto era pace e fecondità: la conseguenza del peccato è morte dolore e fatica (cfr Ge 3, 16-19).
Ma che cosa vuol dire convertirsi?
Vuol dire ritornare sui propri passi e riscoprire l’essenziale della vita, è trovare il coraggio di inginocchiarsi davanti ad un Sacerdote e dire: “ho sbagliato” con la certezza che Dio ci dà la forza di ricominciare.
Per fare ciò occorre rimuovere quello che di negativo, di egoistico, di malvagio è nascosto nel segreto del nostro essere. Mettersi in discussione comporta fatica, umiltà, riflessione, preghiera e perdono incondizionato delle offese… Nel Padre Nostro diciamo “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo…”.
Convertirsi è cambiare, diventare un uomo nuovo, è rivestire di carne le ossa inaridite e ricevere uno spirito nuovo che rende possibile la vita: è ri-vivere (cfr Ez 37, 1-13).
A noi forse non viene chiesto di vivere una conversione eclatante come quella di San Paolo, S. Agostino, S. Francesco ecc. ma ci viene chiesto di convertirci tutti i giorni, in un impegno costante attraverso gli avvenimenti del quotidiano. Ripartire dopo ogni confessione perché “convertitevi il Regno di Dio è vicino” (Mt 4, 17) è valido anche adesso, la conversione è continua perché Dio non lo si ama e conosce mai abbastanza.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto 1847, ricorda che Dio ci ha creato senza di noi ma non ha voluto salvarci senza di noi (cfr Lc 15). L’accoglienza della sua misericordia esige da parte nostra il riconoscimento delle nostre colpe. “Se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa” (Gv 1, 8-9).
Siamo tutti peccatori ma purtroppo sempre pronti a sottolineare gli errori degli altri e a giustificare i nostri se non addirittura a negarli. La misericordia di Dio è infinita e perdona tutto e tutti, anche chi crede di avere una colpa tanto grande da non poter essere perdonata. Dio chiama tutti e sempre, pensiamo agli operai dell’ultima ora, al buon ladrone… non c’è un tempo ideale per convertirsi. Maria a La Salette non chiede una conversione di massa ma vuole la mia ed ora. Si dice che il paradiso è pieno di peccatori pentiti! Prega per noi Vergine Riconciliatrice affinché, veramente riconciliati, diventiamo degni delle promesse di Cristo.
La gioia della conversione
Maria chiedendo di convertirci manifesta anche le conseguenze di questa scelta: “le pietre e le rocce…”. L’Antico Testamento è costellato di numerosi esempi di “vantaggi” che scaturiscono dall’avere dato fiducia alle parole di Dio: “beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio… Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati” (Sal 146, 5-7).
Convertirsi vuol dire anche abbandonarsi alla fiducia in chi ci ha assicurato di esserci sempre accanto e di non lasciarci mai soli. “Beato l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. E’ come un albero piantato lungo il fiume, nell’anno della siccità non si darà pena, non smetterà di produrre frutti” (Ger 17, 7-8).
Quante volte nella vita ci diamo pena perché contiamo solo nelle nostre forze senza confidare nell’aiuto di Dio! Pensiamo alle Donne che, di buon mattino, si recavano al sepolcro e “dicevano tra loro: chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro? Alzando lo sguardo videro che la pietra era già stata rotolata, benché fosse molto grande” (Mc 16, 3-4). Tanta preoccupazione e poi il Signore aveva già provveduto! Questo non vuol dire che dobbiamo vivere nel fatalismo o nella pigrizia.
Vige sempre il proverbio: aiutati che Dio ti aiuta; ma ricordiamoci anche che “se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i muratori, se il Signore non vigila sulla città invano veglia la sentinella” (Sal 127, 1).
Si è soliti dire che il cristiano deve agire come se tutto dipendesse da lui, ma tenendo sempre presente che tutto dipende da Dio e da Dio tutto proviene.
Quando Maria dice a Massimino e Melania che le rocce si trasformeranno in grano pare di sentire Gesù che afferma: “Non preoccupatevi della vostra vita, di quello che mangerete o berrete. Il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno, cercate invece anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte le cose ci saranno date in aggiunta” (Mt 6, 25-33). Quante volte le preoccupazioni del quotidiano ci fanno dimenticare che il nostro fondamentale compito di cristiani è quello di prodigarci perché “venga il suo regno”!
Se avessimo più fede nelle parole di Cristo il mondo andrebbe senz’altro meglio e noi vivremmo più sereni e felici. Benedetto XVI nella Giornata Mondiale della Gioventù del 2012 parlando della gioia della conversione dice “la volontà di Dio è che noi siamo felici. Per questo ci ha dato delle indicazioni concrete per il nostro cammino: i comandamenti.. un insieme di essenziali e preziose regole di vita che conducono a un’esistenza felice realizzata secondo il progetto di Dio”.
Il Signore sa quali sono le nostre necessità ma è importante che noi gliele chiediamo altrimenti non ci avrebbe insegnato a pregare dicendo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
La Provvidenza di Dio ci aiuta nel quotidiano per il necessario ma noi siamo ingordi e cerchiamo di ammucchiare per timore di non averne abbastanza, per paura di rimanere senza. Pensiamo a Mosè che riferendosi alla manna piovuta dal cielo dice: “Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino” (Es 16, 19). Dobbiamo fidarci, quindi, totalmente di Dio perché preoccuparci eccessivamente per il domani vuol dire non avere fede e non riuscire a cantare con il salmista: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”.
La Vergine a La Salette, nell’esortarci alla conversione, a diventare persone nuove, dice che tutto cambierà in conseguenza di questa nostra scelta. Infatti dove ora c’è aridità e sterilità le rocce diventeranno mucchi di grano e tutto sarà fecondo. E’ il passaggio dalla povertà alla ricchezza, dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia.
Anche la vita del “convertito” è segnata da prove, cadute, dolori e difficoltà d’ogni genere, ma il sapere che Cristo crocifisso è con lui sempre, è un aiuto incommensurabile. La sua vita è come la casa costruita sulla roccia (Mt 7, 24).
Soprattutto noi laici salettini, impegnati a testimoniare il Messaggio di Maria dovremmo ricordarci che la Vergine porta sul petto il Figlio crocifisso e che solo fissando in Lui lo sguardo possiamo trovare conforto e forza. Teresa d’Avila diceva: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, chi ha Dio nulla gli manca, tutto passa, solo Dio resta, solo Dio basta”.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Giovedì, 05 Ottobre 2017 07:15

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 8/14

I segni dei tempi
“Se il raccolto si guasta, la colpa è vostra. Ve l’ho fatto vedere l’anno passato con le patate; voi non ci fate caso. Anzi, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest’anno, a Natale, non ve ne saranno più. Voi non capite, figli miei? Ve lo dirò diversamente.
(La bella Signora riprende, nel dialetto di Corps, dalla frase “Se il raccolto si guasta…” e prosegue:)
Se avete del grano, non seminatelo. Quello seminato sarà mangiato dagli insetti e quello che maturerà cadrà in polvere, al momento della battitura.
Sopraggiungerà una grande carestia.
Prima di essa i bambini al di sotto dei sette anni saranno colpiti da convulsioni e moriranno tra le braccia di coloro che li terranno.
Gli altri faranno penitenza con la carestia. Le noci si guasteranno e l’uva marcirà”.
Questa lunga frase del Messaggio di Maria a La Salette è conosciuta come “i segni dei tempi”; Maria infatti annuncia una serie di avvenimenti che accadranno, il cui esito nefasto si ripercuoterà sull’umanità.
Maria a La Salette nel comunicare con Massimino e Melania ha uno stile tipicamente biblico e questo passo in particolare sembra la descrizione dei vari flagelli raccontati nella Bibbia. Pensiamo alla “cacciata dall’Eden”, alle “dieci piaghe” che si abbattono sull’Egitto, e al duro rimprovero di Gesù alle città impenitenti (Mt 11, 21-24).
La Santa Vergine piange su noi e sulla nostra terra che è seminata più di zizzania che di buon seme.
L’opera di Dio viene guastata dalla nostra capacità distruttiva in opposizione alla Redenzione. La zizzania della nostra smania di possedere, di prevaricare, di godere, di protagonismo (che si sintetizza in una sola parola: il peccato) ci ha portato ad abusare del dono della “terra” per devastarla con un uso scriteriato fino a provocare effetti catastrofici: alluvioni, tracimazioni, frane ecc…
Maria piange perché vede noi, suoi figli, soffrire per delle “ferite” che ci siamo fatti e ci stiamo facendo da soli. Questo accade quando l’uomo, in adesione al male, si convince di poter fare a meno di Dio e sopravvaluta le sue capacità fino a modificare la natura, fino a pretendere di dominarla totalmente: basti pensare agli OGM, alle deviazioni dei fiumi, agli esperimenti nucleari o a quelli sulla genetica compresa quella umana.
La “Madonna contadina”, come viene chiamata in America latina la Vergine de La Salette, parla a dei contadini e, per farsi capire meglio, fa riferimento alle loro esperienze. I veggenti hanno sperimentato che cosa vuol dire vedere marcire il grano, raccogliere patate guaste: vuol dire fame. Vuol dire avere lavorato e sudato inutilmente e allora nasce la rabbia e la bestemmia che è il male-dire tutta l’opera di Dio. Dal male-dire ecco il male-fare “in parole, opere ed omissioni”. Accusiamo Dio dei nostri errori ma in questo processo ci condanniamo da soli.
Se avete del grano non lo seminate
E’ la perdita completa della speranza. Se non si semina, nemmeno si raccoglie, ma questo accade quando il nostro cuore è lontano dal volerlo fare per amore di Dio. A volte stropicciamo nelle nostre mani le opere della nostra falsa buona volontà e il raccolto sarà allora solo polvere se non c’è una sincera conversione.
Non possiamo distruggere la terra e sprecare il grano per poi chiedere al Signore di “darci il pane”.
Viene spontaneo il collegamento con l’Eucarestia, con il “pane di vita eterna”. Gesù dice “io sono il pane vivo disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,51).
“Sopraggiungerà una grande carestia”
Sembra che la Vergine si riferisca alla cronaca di questi giorni. E’ vero: c’è una grande carestia generalizzata che non ruota solo attorno all’economia ma coinvolge la situazione del mondo intero.
C’è crisi nelle famiglie che si disgregano, nei rapporti umani, nel mondo del lavoro. Ci sono focolai di guerre, violenze, tirannie, giovani senza un futuro che spesso esprimono aggressività, c’è una umanità che ha perso il senso del sacro e del morale, dove si vive alla giornata senza valori e senza rispetto per il prossimo.
La carestia porta l’emigrazione, pensiamo a Giuseppe e ai suoi fratelli in Egitto. Perché adesso non ci sono migliaia di africani che sbarcano ogni giorno in Europa? Persone cariche di dolore, di solitudine, di rimpianti, di nostalgia, di povertà, di speranza in una vita migliore che però nessuno può loro assicurare.
La Madonna piange sui bambini che essendo i più deboli sono quelli che maggiormente subiscono le conseguenze della denutrizione e muoiono. La strage degli innocenti non è finita. “Rachele piange i suoi figli…” (Ger 31, 15).
Le noci si guasteranno e l’uva marcirà
Perché marcisce l’uva? Perché i tralci non sono abbastanza forti. Gesù dice: “Io sono la vite e voi i tralci”. Chiediamoci allora che razza di tralci siamo che lasciamo marcire l’uva che dovrebbe essere il frutto del nostro operato? Come ci impegniamo a far conoscere e crescere la vigna del Signore? “Colui che dimora in me porta molto frutto” (Gv 15, 1-7). Dimorare in Cristo vuol dire santificarsi. L’immagine della vigna ricorda la storia narrata da Isaia; “Il mio diletto possedeva una vigna..” (Is 5, 1-7). Egli la vanga, la cura, la difende… ma la vigna dà uva selvatica. Noi siamo la vigna di Dio. Dio ci ama, ci protegge, ci guida. Ci manda Maria per esortarci ma noi usiamo male la nostra libertà e continuiamo a dare uva “marcia”.
E voi non ci fate caso
La Madonna mette in evidenza la nostra indifferenza per tutti questi avvenimenti. Riusciamo solo a lamentarci ma non siamo capaci di leggere “i segni dei tempi” perché non vediamo in tutto quello che sta accadendo un pressante invito alla conversione.
Dio ci ha dato doni come l’intelligenza e la libertà ma noi non li sappiamo usare. La nostra follia è quella di non accettare la Redenzione e di scegliere di non volere Dio.
Maria non ci minaccia, non ci sgrida, anzi piange e con tutta la tenerezza di una madre “ci avvisa”. Ci mette davanti alle responsabilità ed alle conseguenze che la nostra sbiadita fede e debole carità provocano. La Vergine è precisa nel suo parlare, ci chiede di CONVERTIRCI.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Giovedì, 05 Ottobre 2017 07:13

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 7/14


La Vergine e la bestemmia
“Anche i carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di mio Figlio”. Il non rispetto del giorno del Signore e la bestemmia sono le due cose che appesantiscono il braccio di mio Figlio.
Nel libro della Genesi Dio incarica l’uomo di dare un nome a tutti gli esseri viventi (Gen 2, 19-21). Dio stesso si dà un nome che Lo identifica. Rivela il suo Nome a Mosè presentandosi prima come “il Dio di tuo padre Abramo”…(Es 3,6) poi come “Io Sono”. “Il popolo di Israele non pronuncia il nome di Dio per rispetto alla sua santità. Nella lettura della Sacra Scrittura il Nome rivelato è sostituito con il titolo divino “Signore” (“Adonai”, in greco “Kirios”). Con questo titolo si proclamerà la divinità di Gesù: “Gesù è il Signore” (CCC209). Il Salmo 8 recita “O Signore, o Signore nostro quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra…”.
I genitori quando sono in attesa di un figlio scelgono con cura ed attenzione il nome da dargli. Per Maria e Giuseppe non è stato così: “darai alla lice un figlio e lo chiamerai “Gesù”. Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di David suo Padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1, 31-33).
Gesù significa “Dio salva” e in quel nome è racchiusa, quasi riepilogata, la sua Missione redentrice.
Maria a LA SALETTE
La Vergine apparendo a La Salette si rifà, come è nel suo stile, alla Sacra Scrittura ed in particolare al secondo comandamento: “Non pronuncerai il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano” (Es 20,7).
Esplicitamente dice: “I carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di mio Figlio”. Essi rappresentano coloro che fanno un lavoro duro, pesante. Sono persone segnate dalla fatica e si trovano spesso in situazione di grave difficoltà. Tutto ciò può facilitare, anche se non giustificare, il ricorso ad espressioni colorite, spesso intercalate da bestemmie, quasi a formare un legame negativo fra uomo carro ed animale. Ancora oggi, infatti, si dice: “bestemmia come un carrettiere”.
La Vergine non dà e non vuole dare un giudizio negativo su una categoria di lavoratori che, al giorno d’oggi è praticamente estinta, ma comunque ne evidenzia il comportamento.
La bestemmia è una vile ribellione contro Dio, Gesù Cristo, la Vergine e tutto ciò che è sacro. E’ non accettare i limiti che la natura ci impone. E’ incolpare l’Altissimo dei nostri fallimenti, delle nostre disgrazie, è sentirsi impotenti di fronte a chi è l’Onnipotente.
I moderni carrettieri
Chi sono i carrettieri oggi? Coloro che incolpano Dio di essere l’origine delle loro avversità senza rendersi conto che sono causate da loro stessi o comunque da altri uomini.
C’è da domandarsi allora se offende più Dio chi “insulta” o chi attraverso ingiustizie o vessazioni ha messo il prossimo in condizione tale di disagio, da provocare reazioni verbali scomposte.
La bestemmia è veramente una stupidità, infatti non procura alcun vantaggio a chi la pratica e nessun danno alla Persona alla quale è indirizzata. Grava però come pesante colpa sull’anima.
La Vergine piange anche per la nostra indifferenza quando vediamo dileggiare il nome di suo Figlio e il suo, in spettacoli, ironici e blasfemi, con l’unico scopo di suscitare ilarità, oppure quando assistiamo al proliferare di un filone letterario che denigra e mette in dubbio i dogmi più sacri del nostro Credo.
Noi cristiani battezzati “nel nome del Padre”, dovremmo prodigarci per onorarLo. Gesù stesso ci ha insegnato a pregare: “sia santificato il Tuo nome”.
Vi sono molte persone che hanno come intercalare, legato nella maggior parte delle volte a forme dialettali, espressioni offensive nei confronti del Sacro. Persone che in preda all’ira offendono il Santo Nome, forse non rendendosi nemmeno conto di quello che dicono; persone arrabbiate più con loro stesse che con Dio.. in queste situazioni la gravità della bestemmia viene minimizzata, quasi deresponsabilizzando chi la dice.
Dio comprende perché è Padre misericordioso… ma la gravità di simili comportamenti non può essere dimenticata quasi derubricandola di ogni colpa o negatività.
D’altra parte non è razionalmente pensabile che una persona coscientemente maledica il proprio padre o la propria famiglia. La figura del padre, anche nel significato laico, è quella che ci dà il senso di appartenenza e che ci testimonia quali siano le radici sulle quali si sviluppa la nostra vita.
Quando sentiamo dire parole ingiuriose contro ciò che è sacro dovremmo avere il coraggio di dimostrare apertamente il nostro disappunto e comunque di recitare una preghiera riparatrice. E’ un modo per lenire il pianto di Maria ed alleggerire il braccio di suo Figlio al quale Dio “donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 9-11); “in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (At 4, 12).

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Mercoledì, 04 Ottobre 2017 21:12

I LAICI MEDITANO IL MESSAGGIO 6/14

Il lavoro e la festa
“Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere. E’ questo che appesantisce tanto il braccio di mio figlio”.
La riflessione su queste parole del Messaggio non può che prendere avvio dal terzo comandamento: “Ricordati di santificare le feste”, precisando che nella Bibbia non si parla di feste ma del “giorno del Signore” o del “Settimo giorno” (il sabato per gli ebrei, la domenica per noi cristiani), destinato da Dio al riposo dell’uomo (cfr Mc 2, 27-28). Nella tradizione della Chiesa l’importanza del Giorno del Signore trova una speciale sottolineatura in quanto richiama, anche nella sua cadenza temporale, la Pasqua o Resurrezione di Cristo.
Il riferimento biblico, spesso evidenziato nell’articolarsi del Messaggio, qui è evidente sia nel suo significato letterale che nella sua utilità applicativa. La richiesta, infatti, è chiara: non permette interpretazioni personalistiche, e può dirsi, se correttamente accettata, utile anche per il mantenimento dell’equilibrio psicofisico della persona che, infatti, non può utilizzare il tempo messogli a disposizione da Dio solo per l’impegno lavorativo o per vivere alla giornata, senza ritagliarsi uno spazio per la riflessione, per capire chi è, dove sta andando, per riposarsi serenamente in compagnia della sua famiglia, per vivere la carità. Il cristiano, poi, non sa immaginare una domenica senza Eucarestia.
La Madonna precisa che ci ha destinato sei giorni per le attività lavorative. Ma il “settimo” lo dobbiamo concedere a Dio per ringraziarLo di tutti i suoi doni e assolvere il precetto festivo che assume un forte significato comunitario, evidenziato dalla partecipazione alla Santa Messa. Specialmente in questo periodo, diventa doveroso pregare per chi si trova ad affrontare difficili situazioni lavorative, tra cui molti giovani sfiduciati e preoccupati per il loro avvenire.
… Mi sono riservata il settimo giorno e non me lo volete concedere
La Madonna si rammarica per la condotta di quelle persone che si ostinano a non seguire i consigli della Chiesa e ci ricorda che in fondo si tratta di un impegno concentrato in un solo giorno per provvedere soprattutto alle nostre esigenze spirituali, per pensare alla nostra conversione e per rafforzare i rapporti affettivi in famiglia e nella comunità a fronte dei sei giorni impiegati soprattutto per le nostre necessità materiali.
Alla luce del Messaggio salettino non si devono ignorare alcune recenti proposte mirate ad utilizzare strutture commerciali anche nei giorni festivi.
A Roma in un incontro di fedeli appartenenti a Parrocchie limitrofe si parlava di tale ormai diffusa prassi. Di fronte alle sacrosante critiche di alcuni presenti, una signora disse in tutta tranquillità:”Ma è così bello andare a fare le compere all’uscita della Messa!”.
Seguirono attimi di silenzio imbarazzanti, molti poi sottolinearono che l’apertura festiva dei negozi non facilita di certo la celebrazione della domenica come giorno dedicato a Dio e al riposo. Simili decisioni, ormai molto diffuse, mortificano la santificazione della domenica sia per la separazione dei vari componenti la famiglia, sia perché affievoliscono il senso cristiano della stessa. Occorre prendere atto che il guadagno non può essere il centro della vita dell’uomo ed elemento decisivo nel prendere posizione su qualsiasi argomento. Dalle pagine di questa rivista mariana, proprio ascoltando le parole di Maria, si estende un invito ai lettori di pregare perché sia posta fine a questa visione della vita difforme dallo spirito e dalla lettera del Messaggio che stiamo commentando. Come sottolinea Famiglia Cristiana (pag 38, n. 15/2012) “se la festa finisce e la domenica rischia di diventare un giorno come un altro… non sarà sufficiente a consolarci la possibilità di acquistare un paio di calze in ogni momento del giorno e della notte perché avremo rinunciato a quel settimo giorno che dà significato a tutti gli altri”. Non resta che recarsi negli esercizi commerciali, aperti nei giorni festivi, solamente in casi e circostanze veramente eccezionali.

Pubblicato in LAICI ASSOCIATI (IT)
Pagina 1 di 2
Vai all'inizio della pagina